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Auschwitz-Bergen Belsen: viaggio senza ritorno…

Novembre 1944. Circa 1000 donne prigioniere nel campo di sterminio di Auschwitz – Birkenau, incluse Anne e Margot Frank e Auguste Van Pels, furono deportate nel campo di concentramento di Bergen – Belsen.

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Novembre 1944. Circa 1000 donne prigioniere nel campo di sterminio di Auschwitz – Birkenau, incluse Anne e Margot Frank e Auguste Van Pels, furono deportate nel campo di concentramento di Bergen – Belsen. Arrivarono dopo due giorni stipate in un carro bestiame.

Auschwitz era l’inferno, ma un inferno perfettamente organizzato, senza il minimo disordine: chi moriva spariva subito; chi si ammalava gravemente anche; chi era gassato non gridava:

Ha successivamente testimoniato Renata L.A, per il giornale Ernst Shnabel.

Il crematorio fu­mava senza tregua, i reticolati erano carichi di elettricità, ma potevamo lavarci. Si riusciva a vivere in attesa di essere uccisi. A Belsen non si riusciva neppure a vivere. Non c’era appello né ordine né sorveglianza né cibo né acqua né speranza. Si ar­rivava là, ci si sedeva per terra e c’era da aspettare solamente una cosa: morire.

Anne e Margot, insieme ad altre internate, sono costrette a dormire in una tenda strapiena di prigioniere, sopra un letto di paglia, senza servizi igienici.
Le condizioni al campo sono pessime. Il cibo scarseggia e dopo qualche giorno dall’arrivo di Anne e Margot (probabilmente avvenuto il 30 ottobre 1944) arriva una tempesta.

Si tratta di una tempesta violenta, in grado di far cadere la tenda.

Centinaia di donne. Caos, soprattutto quando la tenda si sfasciò a causa della pioggia e della tempesta. Non sapevamo che cosa stava succedendo. Stavamo in mezzo a grandi pozzanghere, tutte avevamo freddo…

Renata L.A, per il giornale Ernst Shnabel.

Ha raccontato Rachel, una delle internate a Bergen – Belsen, in una testimonianza.

E quella mattina fu, come dopo un naufragio, o qualcosa del genere. Dappertutto mucchi e persone e confusione, e lamenti e dolore. Non ritrovammo le sorelle Frank che dopo un paio di giorni

Jannie Brandes – Brilleslijper

Ha detto Jannie Brandes – Brilleslijper, ricordando quei terribili giorni. (Nota: Anche la sorella di Jannie, Lien Brilleslijper, fu internata a Bergen – Belsen. Fu proprio Lien, mesi dopo, a comunicare alla Croce Rossa il destino di Anne e Margot. Fu lei la donna alla quale Otto Frank si rivolse per scoprire cos’era successo alle sue bambine.

Nonostante tutto, le cose migliorano quando le prigioniere sono finalmente trasferite nelle baracche.
Anne e Margot rimangono insieme il più possibile e si impegnano, insieme ad altre prigioniere, per aiutare un gruppo di bambini alloggiati al blocco.

Non eravamo troppo lontane dal cosiddetto campo libero, non era permesso, ma lo facevano.

Renata L.A,

Ha raccontato Rachel in un’altra testimonianza, parlando della continua lotta per la vita di Anne e Margot

Per avere del cibo di amici che speravano di trovare lì al campo, Anne e Margot ci andavano e sembravano molto risolute. Credo che lì incontrassero qualcuno che conoscevano. Lo facevano e tornavano molto entusiaste se avevano un pacchetto.

Renata L.A,

Hannah “Hanneli” Goslar, compagna di scuola di Anne, è prigioniera proprio del campo libero, il cosiddetto “Lager delle stelle”, destinato allo scambio con i tedeschi. Un giorno scopre che Anne si trova lì vicino, e così, nonostante il rischio di essere scoperta e la paura di essere uccisa, decide di provare a parlarle.
E ci riesce.

“E’ stato terribile.” Ha raccontato Hannah in una testimonianza “lei ha cominciato subito a piangere e mi ha detto “Non ho più i miei genitori”. Penso spesso che se Anne avesse saputo che suo padre era vivo, avrebbe trovato la forza per sopravvivere.”
Hannah decide di consegnare ad Anne qualcosa da mangiare attraverso il reticolato. Nonostante il pericolo le due amiche si danno appuntamento. La prima volta la tensione è altissima, ma Hannah lancia comunque un fardello contenente del cibo. Nonostante la stanchezza il lancio è alto e il fardello riesce a superare il reticolato.
Anne però non è abbastanza veloce e una prigioniera affamata le porta via il fardello, lasciandola in un pianto disperato.
Le volte successive, però, Anne riesce a prenderlo.

Una sera qualunque Hannah rimane invano ad aspettare Anne per lanciarle il fardello.

Le due amiche non si vedranno mai più.

Altre testimonianze però ci permettono di rimanere ancora con Anne.

Nanette Blitz Konig, compagnia di scuola di Anne e sopravvissuta a Bergen – Belsen, vede nuovamente Anne circa due settimane prima della fine.

Anne ormai è uno scheletro nel lager.

Il cibo è praticamente insistente e tutte le internate sono affamate.

“Ancora oggi mi chiedo come due scheletri come noi abbiano potuto riconoscersi.” Ha detto Nanette

nelle rare occasioni in cui riuscii ad andare a trovarla nella sua baracca, Anna mi parlava del diario e mi diceva che voleva usarlo come punto di partenza per un libro che avrebbe scritto su quello che stavamo vivendo.”

Nanette Blitz Konig

“Verso la fine della guerra, Anne era una delle bambine che facevano parte della mia stessa baracca.” Ha raccontato Irma Sonnenberg Menkel, internata a Bergen – Belsen e costretta a essere una capo baracca

non sapevo niente della sua famiglia, e non mi ricordo molto di lei, solo che era una ragazzina molto tranquilla. Quando scoprii che aveva quindici anni ne rimasi sorpresa. Sembrava più giovane di me. Carta e penna erano difficili da trovare, ma ricordo che Anne scriveva un po’, anche se non molto

Irma Sonnenberg Menkel

Verso la fine dell’inverno un’epidemia di tifo petecchiale comincia a produrre decine di migliaia di vittime. Nonostante la loro forza interiore, Anne e Margot non tardano ad ammalarsi.

“Il tifo era un problema gravissimo, specialmente per i bambini.” Ha aggiunto Irma Sonnenberg Menkel

della mia baracca, su 500 bambini 100 si ammalarono di tifo. La maggior parte morirono. Quando Anne si ammalò di tifo, mi ricordo che le dissi che poteva rimanere nella baracca e che non sarebbe dovuta uscire per l’appello che, sotto il sole o sotto la pioggia, durava ore. Il cibo era un altro gravissimo problema, non c’era quasi niente da mangiare, niente. C’era l’acqua, ma verso la fine non ci fu più neanche quella. Una volta chiesi a un soldato un po’ di farina per i bambini, pur di far mangiare loro qualcosa, e lui mi diede dei cereali. Anne mi chiese un po’ di quei cereali, ma come potevo darglieli? Quei cereali erano per i bambini più piccoli, che comunque, alla fine, morirono lo stesso

Irma Sonnenberg Menkel

“L’ultima volta che ho visto Anne” ha raccontato Hannah

era debolissima e pelle e ossa. Quasi facemmo fatica a riconoscerci e parlarci. A un certo punto, negli ultimi giorni, Anne stava davanti a me e non aveva più lacrime. Raccontò che le bestioline la facevano rabbrividire e che per questo aveva gettato via tutti i suoi abiti. Eravamo nel cuore dell’inverno… Radunai tutto quello che potevo trovare per darlo a lei, affinché fosse di nuovo vestita. E da mangiare neanche noi avevamo molto… ma ho cercato di dare qualcosa della nostra razione ad Anne. (Jannie).

Le ragazze Frank erano magrissime, avevano un aspetto terribile. Bisticciavano a causa della loro malattia… avevano i posti peggiori della baracca, giù vicino alla porta.

Rachel

Anne e Margot sono gravemente malate di tifo.

Ho un vago ricordo di Anne mentre parla di suo padre. Era davvero una brava ragazzina, una bella persona. Lei mi diceva “Irma, sono molto malata?”.

Ed io replicavo

“No, non lo sei”. Anne voleva essere rassicurata. Quando scivolò nel coma, la presi tra le mie braccia. Non sapeva di essere così malata, non sapeva che stava morendo

Irma Sonnenberg Menkel

Due giorni dopo, sono andata a dare un’occhiata alle ragazze. Margot era caduta dal tavolaccio sul pavimento di pietra, era morta. Il giorno seguente, morì Anne.

Jannie

Oggi a Bergen – Belsen ci sono delle piccole colline verdi e ognuna ricopre una fossa comune. In quel punto, tra migliaia di donne, è stato gettato il corpo di Anne Frank. Di quella ragazzina che scrisse: “Odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà anche noi, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che torneranno l’ordine, la pace, la sere­nità.”

© Federica Pannocchia, 2022

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