Un documentario realizzato da Enzo Antonio Cicchino a cura dell’associazione Volsci Eventi Onlus, che rappresenta una sorta di viaggio tra natura e spiritualità, seguendo l’esempio del Santo che ancora oggi riesce ad unire popoli e persone.
Un documentario realizzato da Enzo Antonio Cicchino a cura dell’associazione Volsci Eventi Onlus, che rappresenta una sorta di viaggio tra natura e spiritualità, seguendo l’esempio del Santo che ancora oggi riesce ad unire popoli e persone.
Getting your Trinity Audio player ready...
|
Negli ultimi tempi sento risuonare troppo spesso in Italia, riguardo alla Shoah, la parola indifferenza: nei confronti del destino di migliaia di innocenti vittime della persecuzione nazifascista; nei confronti di chi è andato e tornato dai campi di sterminio o di compagni di scuola, lavoro, studio improvvisamente diventati estranei ed esclusi dalla società civile a causa delle famigerate leggi razziste del 1938.
È vero, ci fu sicuramente indifferenza da parte di molti italiani ma ce ne furono altrettanti che però fecero la differenza. E sono migliaia, non poche centinaia come qualcuno dice e soprattutto scrive, sminuendone l’importanza, basandosi unicamente sulla lista dei Giusti Tra le Nazioni italiani al Memoriale Yad Vashem di Gerusalemme.
Facciamo dunque due conti: se è vero – ed è dimostrato – che circa, se non oltre, l’80% degli ebrei presenti in Italia si è salvato dallo sterminio nazifascista (e stiamo parlando di decine di migliaia di persone), dove sono finite le migliaia di loro Salvatori? Se la storia e le testimonianze non m’ingannano, in molti casi il rapporto non fu uno a uno, ma due/tre addirittura quattro a uno. Cioè, per salvare la vita di un ebreo – come ad es. nel caso del piccolo Gabriele Balcone a Varese – furono spesso coinvolte diverse persone.
Figure generose, persone normali, che spesso furono arrestate, torturate, deportate, rilasciate e che morirono dimenticate… Coraggiose eroine anonime, come le tantissime Suore che aprirono i loro Conventi in tutta Italia e che in molti casi non furono nemmeno ringraziate perché si partiva dal presupposto che “… era la loro missione…” O sacerdoti, spesso di montagna, che portarono al di là del confine svizzero fra crepacci, dirupi e soprattutto vedette naziste e fasciste in agguato, donne incinte, bambini, neonati, interi gruppi di ebrei. Tutti salvati a rischio della propria vita.
Altro che indifferenza… Questa gente normale fece la differenza, segnò indelebilmente il cammino di speranza e di vita nel buio in cui l’Italia era sprofondata, spesso mettendo sul piatto la propria vita e quella dei propri cari, come nel caso dei coniugi Badarello in Monferrato con i loro 6 figli, o i coniugi Castagnino nel Cuneese e i loro 4 bambini, per proteggere e difendere la sacralità di una sola vita ebraica.
E allora…Come mai sono solo poche centinaia i Salvatori italiani riconosciuti Giusti tra le Nazioni? E chi sono questi ultimi? Quest’anno cade il 70esimo dalla fondazione del Memoriale della Shoah Yad Vashem di Gerusalemme, nato in Israele nel 1953 per celebrare ed onorare eternamente la Memoria di 6 milioni di ebrei sterminati durante la Shoah, ma nel contempo elevare in perpetua riconoscenza i nomi di tutti quegli eroici cittadini che hanno fatto la differenza salvando, senza nulla chiedere, una vita ebraica mettendo a rischio la propria. Il Memoriale Yad Vashem di Gerusalemme è l’unico Ente a livello mondiale che rilascia una medaglia al valore civile a favore di chi eroicamente ha salvato un ebreo durante la Shoah.
Rispetto all’elevato numero di ebrei salvati il numero dei Giusti tra le Nazioni italiani supera di poco i 700 nomi. A breve forse si arriverà ad 800.
L’iter per il riconoscimento non è indubbiamente facile: una Commissione composta da ben trenta giudici esamina meticolosamente ogni pratica sulla base di tre criteri fondamentali: che la vicenda di salvezza sia avvenuta durante le persecuzioni nazifasciste e non prima o dopo; che il Salvatore abbia agito mettendo a rischio la propria vita; che il Salvatore non abbia percepito alcun compenso.
Vengono poi tenuti in considerazione altri aspetti, come ad es. i rapporti fra salvato e Salvatore, che quasi sempre continuarono negli anni. E dunque… Perché così pochi Giusti italiani presenti allo Yad Vashem (dall’ ebraico “una mano e un nome”, Isaia 56:5)?
I motivi sono tanti e non sta a me giudicare, ma posso citare un momento cruciale del dopoguerra: in occasione del decimo anniversario della Liberazione, le Comunità israelitiche italiane (allora si chiamavano così) indissero il cosiddetto “Giorno della Riconoscenza”. Tutti gli ebrei furono sollecitati a raccontare e sottoporre all’attenzione delle varie Comunità i nomi di coloro che avevano fatto la differenza salvando loro e le loro famiglie. Arrivarono centinaia di storie, testimonianze struggenti e tantissimi nomi, indirizzi, dettagli su tutti coloro che avevano coraggiosamente salvato vite ebraiche. Furono predisposti e consegnati pubblicamente medaglie e certificati di onorificenza firmati da “Gli ebrei d’Italia riconoscenti”. Una cosa magnifica, un gesto che accomunò l’intero Popolo ebraico italiano di allora nella salvezza e nella gratitudine per essere ancora vivo a celebrare quel momento, ma nel contempo stretto e compunto nel ricordo di chi purtroppo non ce l’aveva fatta. E poi che è successo? Alcuni Salvatori hanno ricevuto onorificenze ma la maggior parte delle testimonianze è finita a prendere polvere nei cassetti delle Comunità. È utopia voler credere che ancora oggi si possa tornare a celebrare il “Giorno della Riconoscenza” anziché ricordare solo chi ha tradito, è stato pagato, o ha voltato la testa? La Shoah, come tutte le cose, ha visto luci ed ombra, bene e male, sconfitta e vittoria, tradimento e coraggio. Nell’orrore più profondo il bene è però riuscito ad emergere e questo conferma la tradizione ebraica dei cosiddetti 36 Giusti che in ogni generazione sostengono il mondo trattenendo il male che sennò lo annienterebbe: se è vero che solo 36 Giusti bastano ad un’intera umanità, ciò è un’incredibile sproporzione numerica, a conferma del fatto che il Bene vince il male in qualità, non in quantità. Basta solo la tenue fiammella di una candela ad illuminare le tenebre più fitte, non è necessario un faro. Contro l’indifferenza basta UNO che faccia la differenza.
Così fu a Como con il Notaio Raoul Luzzani, nel 1943. La figura di questo coraggioso gentiluomo è stata recentemente ricordata a Villa Carlotta, prestigioso Ente e giardino botanico sul lago di Como, di cui il Notaio Luzzani fu revisore per molti anni nel dopoguerra, oltre ad aver ricoperto altre cariche di massimo rilievo sul territorio. Il gesto del Notaio fu determinante per la salvezza di ben 5 ebrei, la famiglia ebraica Pardo-Volli: davanti a testimoni egli firmò il documento che permise ai Pardo-Volli di salvarsi in Svizzera dimostrando la propria identità ebraica. Se le milizie fasciste o gli sgherri delle SS avessero arrestato il gruppetto di ebrei fuggiaschi avrebbero certamente trovato il documento a firma Luzzani nelle tasche di Ferruccio Pardo e così, anche per il Notaio e i testimoni non ci sarebbe stato scampo.
Anche in questo caso fu un solo uomo a fare la differenza, un solo uomo che scelse di non cedere all’indifferenza. L’Ente Villa Carlotta ha voluto dedicare un albero alla Memoria del Notaio Raoul Luzzani ed ha scelto uno splendido e possente leccio secolare che guarda il lago, con una targa commemorativa in suo onore. Durante la cerimonia la cosa più emozionante è stato vedere il bambino ebreo salvato – ora l’87enne Lucio Pardo di Bologna – a fianco della piccola Margherita Luzzani, l’ultima discendente della grande famiglia Luzzani, entrambi in posa sotto al grande leccio che con le sue fronde sembra volerne proteggere la vita. Il nome del coraggioso Notaio Raoul Luzzani è già stato sottoposto alla valutazione dei giudici del Memoriale della Shoah Yad Vashem. E tutti ci auguriamo di vedere presto anche il suo nome scolpito sul Muro d’onore del Memoriale come Giusto Tra le Nazioni italiano.
Sono certa che il bisogno di riconoscenza trionferà: ogni mattina vedo una fila interminabile di anime generose e coraggiose davanti alla porta di casa mia che pazientemente attendono il loro turno per essere valutate e riconosciute dallo Yad Vashem come Giusti tra le Nazioni. È a queste anime che attendono la meritata giustizia qui sulla terra da decenni, che sto dedicando, insieme a mio marito Meir, ogni giorno della mia vita. Perché siano strappati dall’oblio tutti coloro che hanno portato luce nel buio e che hanno fatto la differenza contro l’indifferenza.
In uno dei testi sacri dell’ebraismo è presente questa esortazione: “Abbiamo l’obbligo di non desistere!” L’ho fatta mia e mi serve per non mollare e continuare a ricercare storie, dichiarazioni, testimoni e discendenti, con la speranza di veder crescere il numero di Giusti Tra le Nazioni italiani e la certezza che ciò, come linfa vitale, aiuterà l’Italia a guardare avanti con maggior positività perché non siamo un popolo di delatori indifferenti, ma siamo ricchi di generosità e coraggio a cui bisogna soltanto dare Voce.
© Paola Fargion, 2023
Tutti i diritti riservati. Tutti i contenuti pubblicati in questo articolo sono protetti da copyright e non possono, né in tutto né in parte, in qualsiasi forma o tramite qualsiasi mezzo, essere utilizzati, modificati, copiati, pubblicati o riprodotti senza il consenso scritto dell’Autore e la citazione della fonte.
Thank you for subscribing to the newsletter.
Oops. Something went wrong. Please try again later.
Bellissimo articolo. L’impegno alla riconoscenza parte sostanziale dell’impegno alla Memoria. Grazie Paola.
Paola sei grande! Come grande è l’impegno che tu e Meir mettete in tutto ciò che credete sia giusto. Vi ammiro! Ammiro la vostra tenacia, ammiro la vostra conoscenza delle scritture ebraiche e vi ammiro per la vostra semplicità, per il vostro raffrontarvi agli altri con semplicità. Abbiate sempre la stessa tenacia e sicuramente darete un enorme contributo a quello che sarà una testimonianza eterna. Per sempre amiche, donatella
Grazie per quanto scritto
Lascia un commento