EDITH STEIN E LA LETTERA DI PROTESTA DELL’EPISCOPATO OLANDESE
“Verremmo meno al nostro dovere se noi non protestassimo pubblicamente contro l’ingiustizia che viene fatta verso molta nostra gente”. La scelta coraggiosa dell’episcopato olandese con la lettera di aspra condanna per “lo spietato e ingiusto trattamento riservato agli ebrei”, che fu letta in ogni chiesa il 26 giugno del 1942.
Mentre infieriva la persecuzione antiebraica in tutti i territori occupati dalle armate tedesche, ai principi di luglio del 1942, l’episcopato olandese guidato dall’arcivescovo di Utrecht Johannes de Jong, seguendo «le orme del nostro Santo Padre», decise che la grave situazione che si era profilata nei Paesi Bassi
Di fronte al massacro sistematico di tante vittime innocenti che quotidianamente si consumava sotto i loro occhi, l’episcopato olandese non poteva certo restare indifferente. E molte erano le richieste di aiuto che arrivavano. Ad esempio, proprio in quei giorni un ebreo che, per prudenza, volle restare anonimo, scrisse all’arcivescovo de Jong:
Di fronte a questa disperata richiesta d’aiuto l’arcivescovo de Jong subito corse ai ripari allestendo un’efficiente rete di assistenza clandestina on l’ausilio, tra gli altri, del rappresentante cattolico in seno al Consiglio ebraico, l’avvocato Minderop, del Borgomastro di Geldrop van der Putt e della figlia del giudice dell’Alta Corte, Sophie van Berckel. Quest’ultima, in particolare, si impegnò attivamente nell’accoglienza dei profughi ebrei cattolici provenienti dalla Germania, istituendo anche un fondo di emergenza per l’espatrio in Brasile degli ebrei col sostegno di parrocchie, monasteri e altre famiglie di buona volontà.. Nel giugno 1944, però, questa rete clandestina fu scoperta dalla Gestapo: arrestata, Sophie van Berckel pagò con la vita la dedizione profusa per questa nobile causa, terminando i suoi giorni a Ravensbrück, dove morì il 26 dicembre di quello stesso anno.
Nel frattempo, il 26 giugno del 1942, il presidente dello Joodse Raad, David Cohen, aveva reso noto che il capo delle SS di Amsterdam, Karl Wörlein, gli aveva comunicato che molto presto tutti gli ebrei, tra i 16 e i 40 anni, sarebbero stati trasferiti nei “Polizei Licher Arbeitseinsatz” in Germania. Lo stesso concetto fu ribadito il 4 luglio dal segretario del Consiglio ebraico, Slotemaker de Bruïne, il quale dichiarò che
Questo sinistro presagio si materializzò il 17 luglio, allorché in seguito ad un massiccio rastrellamento sferrato dai nazisti, furono deportati e trucidati barbaramente al loro arrivo ad Auschwitz-Birkenau ben 2.000 ebrei. La macchina dello sterminio era, ormai, entrata in funzione a pieno ritmo. A quel punto mons. de Jong decise che era giunto il momento di rompere ogni indugio e denunciare pubblicamente gli orrendi crimini commessi dai tedeschi.
I responsabili delle principali confessioni religiose olandesi reagirono energicamente alla deportazione degli ebrei ed alle pesanti restrizioni a cui erano soggetti, facendo pervenire l’11 luglio un telegramma al Commissario Generale del Reich ArthurSeyss-Inquart, ed ai Commissari Generali Rauter e Schmidt, nonché al comandante dell’esercito, gen. Christiansen, prima di rendere pubblica una lettera di aspra condanna per “lo spietato e ingiusto trattamento riservato agli ebrei”.
Tuttavia, appena la Gestapo fu messa al corrente di questo progetto, il 20 luglio, in una disposizione firmata dal Commissario Generale per l’Olanda Fritz Schmidt, minacciò i vescovi che qualora avessero reso pubblica quella lettera non avrebbero risparmiato neanche gli ebrei convertiti. Con qualche perplessità, la Chiesa evangelica, fece marcia indietro e accettò la proposta avanzata dai tedeschi, mentre quella cattolica tirò dritta per la sua strada disponendo che la domenica 26 luglio fosse letta dai pulpiti di ogni chiesa la lettera pastorale che stigmatizzava il modus operandi adottato dai tedeschi, nel tentativo, che poi si rivelerà velleitario, di indurli a più miti consigli.
Il 2 agosto, infatti, per rivalsa, i nazisti accelerarono le deportazioni degli ebrei scagliandosi finanche contro gli autori di questa temeraria protesta. La Gestapo, con un blitz a sorpresa, procedette ad una serie di arresti rastrellando dai monasteri tutti i rifugiati e perfino alcuni religiosi, facendo registrare un bottino di ben 212 persone alle quali andavano aggiunti anche gli altri 32 ebrei acciuffati ad Amsterdam. A farne le spese furono anche la suora carmelitana di origini ebraiche Teresa Benedetta della Croce (al secolo Edith Stein) e sua sorella Rosa, senza contare poi anche la famiglia Löb composta dai tre fratelli del monastero trappista di Koningshoeven: Ignazio, Nivardo, Lino e le loro sorelle del vicino convento delle suore trappiste: Helen e Maria Teresa.
Difatti, Il 2 agosto verso le 5 del pomeriggio due ufficiali delle SS si presentarono presso il monastero di Echt per prelevare le due sorelle Stein e condurle, insieme ad altre 27 persone, dapprima a Westerbork e successivamente nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau dove, il 9 agosto, furono brutalmente uccise all’interno delle camere a gas. Evidentemente fu proprio questo episodio a suggerire maggiore cautela a Pio XII, che privilegiò la strategia del “silenzio operoso”, per non compromettere ulteriormente la già precaria situazione dei perseguitati, verso i quali i nazisti incrementavano le loro atrocità ogni qualvolta qualche esponente ecclesiastico si permetteva di esprimere una protesta.
Eppure, negli anni precedenti, dopo essere stata costretta a rinunciare alla docenza a causa delle sue origini ebraiche, prevedendo gli orrori che sarebbero stati perpetrati dai nazisti ai danni degli ebrei, il 12 aprile 1933, Edith Stein aveva deciso di scrivere una lettera a Pio XI, esprimendosi in questi termini:
Per tentare di porre un freno a questa atroce vendetta, il 27 agosto l’arcivescovo de Jong – dopo aver scritto senza alcun risultato al Reichskommissar dei Paesi Bassi Seyss-Inquart – incaricò l’officiale della curia monsignor Felix van de Loo di occuparsi della vicenda. Costui si mise immediatamente in contatto telefonico con il vicesegretario del Sinodo della Chiesa riformata olandese all’Aia, Hendrik Dijckmeester, per esortarlo a intervenire a beneficio dei cattolici presso le autorità tedesche.
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