Con immenso onore il
19 giugno 2021 ho incontrato
Eva Schloss, Sopravvissuta al dramma della
Shoah, sorellastra di
Anne Frank e figlia adottiva di
Otto Frank.
Le emozioni erano così tante e a ogni passo che facevo potevo sentire il cuore rimbombarmi ovunque.
Perché l’onore di incontrare persone come Eva, Sopravvissute al dramma della Shoah, è sempre enorme per me, così come la gratitudine. Ma sapere inoltre che Eva ha conosciuto Anne e che è cresciuta con Otto è incredibile. La famiglia Frank significa così tanto per me, la storia di Anne ha cambiato per sempre anche la mia vita.
Ho appuntamento con Eva, a casa sua, alle 11 di mattina. Eva vive a Londra.
Il cielo è grigio, eppure non piove. Eppure anche l’atmosfera sembra in attesa, magica. Speciale.
Mi ritrovo alla stazione metro con altre due persone eccezionali, Simone (cameraman per l’intervista) e Samantha (intervistatrice). Insieme ci rechiamo a casa di Eva. Ad accoglierci Elizabeth, la quale aiuta Eva organizzando i suoi incontri.
E poi è un attimo. Mi giro e vedo Eva. Vicino alla porta. Elegante, truccata. Bellissima.
La prima cosa che mi colpisce di lei sono i suoi occhi. Azzurri, profondi, vivi e pieni di una luce rara. Eva ci accoglie a braccia aperte e mi dispiace immensamente che a causa della pandemia non sia possibile abbracciarla davvero, stringerla a me e ringraziarla. Lo faccio a parole, però, e la ringrazio infinitamente a nome di tutti noi, di tutti voi, per aver accettato di rilasciare questa intervista alla nostra Associazione di volontariato Un ponte per Anne Frank.
Andiamo in salotto. Una stanza ben curata, piena di disegni, ritratti e quadri. Uno, grande, che ritrae la mamma di Eva. Una donna stupenda.
Iniziamo subito a parlare e immediatamente mi sento a casa. È una sensazione strana, questa, indimenticabile; non appena comincio a parlare con Eva mi sento compresa e legata a lei. Lei vuole sapere tutto del mio lavoro in quanto Presidente e Fondatrice dell’Associazione di volontariato Un ponte per Anne Frank. Mi ascolta, mi chiede dei nostri programmi e mi ringrazia. Nella dedica che scrive sul suo libro, che mi dona, mi ringrazia per l’importante lavoro che svolgo ogni giorno. Ma sono io a ringraziare Eva. La quale decide quotidianamente di ricordare, di incoraggiare a sapere, a riflettere. Di costruire oggi una società migliore. Di bene.
Eva è allegra, sorridente. Parla con ognuno di noi con vivacità e curiosità. Poi però arriva il momento di iniziare l’intervista e comincia a parlare della sua infanzia. Della sua famiglia. Di come Anne fosse chiacchierona e sempre circondata da amici e ragazzi. Di come lei invece fosse una sportiva, di come si sia ritrovata rinchiusa dietro il filo spinato di un lager nazista. Le sue parole si rincorrono, pur di non dimenticare niente, pur di far sapere ogni dettaglio. Il carro bestiame, l’arrivo nel campo di sterminio di Auschwitz – Birkenau, il rapporto con la madre, la paura di aver perso il padre e il fratello e la segreta speranza che fossero ancora vivi. L’incontro con Mengele. Il freddo allucinante. La fame che toglieva il respiro. La voglia di vivere e la costante preoccupazione di morire. I miracoli che però l’hanno tenuta in vita e che hanno tenuto in vita la sua amata mamma. La liberazione. Il viaggio di ritorno. Non appartenere a nessun luogo. Sentirsi esclusa. Il graduale ritorno a una normalità che sembra uno schiaffo a ogni certezza. Il terrore che non rivedrà più suo padre e suo fratello. Un terrore che poi si trasforma in conferma. E le parole di suo fratello, dette rinchiusi nel carro bestiame, che le chiedono di andare a recuperare i disegni che aveva nascosto, nel caso lui non ce l’avesse fatta.
E così Eva mantiene quella promessa. Heinz, suo fratello, era un bravissimo artista, seppur non avesse mai studiato pittura. Cieco da un occhio, dedicava la sua vita a suonare il pianoforte, ma al momento di nascondersi ed essendo pericoloso fare rumore, cominciò a esprimersi attraverso la pittura.
Eva mi mostra alcune copie dei capolavori di suo fratello Heinz. E sentire la sua voce che mi racconta tutto ciò ha un impatto fortissimo in me.
La sua testimonianza si unisce al ricordo di come, poco dopo la liberazione, Eva avesse pensato al suicidio. Perché odiava tutti. Odiava il mondo. È stato Otto Frank a dirle di continuare a vivere, incoraggiandola a non odiare. Ma a concentrarsi sull’amore.
E così Eva ha fatto. Costruendosi una vita. Mettendo una gamba davanti all’altra e testimoniando, girando il mondo, incontrando persone in carcere e studenti a scuola. Vuole dare voce alla storia di suo fratello. Vuole incoraggiare a sapere partendo dalla storia di Anne Frank. Vuole testimoniare ciò che ha vissuto. E vuole costruire oggi una società di amore, pace, tolleranza, rispetto e inclusione.
L’intervista che ho realizzato ad Eva sarà resa a breve pubblica attraverso un video, visionabile gratuitamente. Affinché sia possibile per ognuno ascoltare le sue parole, conoscere la sua testimonianza e ricordarci quanto sia importante imparare dagli errori del passato e costruire oggi una società migliore. Partendo dai piccoli gesti, che possono portare a una grande differenza.
Ho parlato tanto con Eva, ed è una Donna meravigliosa. Consiglio assolutamente la lettura dei suoi libri. Ci siamo promesse che ci rivedremo. Le ho promesso che farò di tutto per far conoscere la storia di suo fratello Heinz e per incoraggiare a non dimenticare e a rispondere oggi all’odio con il bene.
Ho anche invitato Eva a venire a parlare in Italia e lei ha accolto l’invito a braccia aperte.
Grazie di cuore a Simone, Samantha ed Elizabeth.
Grazie infinite a Eva, persona straordinaria che ammiro infinitamente.
E, naturalmente, grazie di cuore a ognuno di voi per esserci sempre e per aver scelto di divenire Testimoni della Memoria.
© Federica Pannocchia, 2019
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