In questa intervista, sul filo della memoria, ci restituisce un ritratto singolare ed inedito di quegli anni convulsi ancora così vivo nei suoi ricordi.
In questa intervista, sul filo della memoria, ci restituisce un ritratto singolare ed inedito di quegli anni convulsi ancora così vivo nei suoi ricordi.
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Silvana Ajo’, nacque a Roma nel 1927 e, nel 1938 quando furono promulgate le deplorevoli “leggi razziali” dal regime fascista, era più che adolescente. Pertanto visse sulla propria pelle la discriminazione razziale con l’improvviso allontanamento dalla scuola che, inevitabilmente, finì per condizionare in modo irreversibile la sua esistenza tra l’indifferenza della gente.
Da quel momento in poi, dunque, Silvana – suo malgrado – fu costretta ad abbandonare gli studi presso il liceo Giulio Cesare di Roma perché ormai gli ebrei erano diventati invisi al regime fascista e considerati “nemici” a tutti gli effetti. Di conseguenza, per sfuggire alle persecuzioni, lei con le due sorelle più piccole ed i genitori, entrarono in clandestinità trovando ospitalità presso l’appartamento di un cliente del negozio del padre il quale, all’epoca, gestiva esercizio commerciale di vendita all’ingrosso per sartorie in via del Tritone.
In questa intervista, sul filo della memoria, ci restituisce un ritratto singolare ed inedito di quegli anni convulsi ancora così vivo nei suoi ricordi.
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© Enzo Antonio Cicchino, 2020 Tutti i diritti riservati. Tutti i contenuti pubblicati in questo articolo sono protetti da copyright e non possono, né in tutto né in parte, in qualsiasi forma o tramite qualsiasi mezzo, essere utilizzati, modificati, copiati, pubblicati o riprodotti senza il consenso scritto dell’Autore e la citazione della fonte
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