I dieci punti di Seelisberg. La nuova stagione del dialogo ebraico-cristiano
Tra il 30 luglio e il 5 agosto del 1947, nella cittadina svizzera del Canton Uri di SeelisbergI, al termine del conflitto bellico, coordinati dal celebre storico francese Jules Isaac e dal gran rabbino Jacob Kaplan, si riunì una Conferenza internazionale contro l'antisemitismo (Conférence d'urgence contre l'antisémitisme), composta da alcuni rappresentanti ebrei e da un centinaio di delegati cristiani di diverse confessioni provenienti da una ventina di paesi, per stilare un interessante documento in Dieci punti teso ad imprimere una radicale inversione di tendenza (in ebraico Teshuvà) dell’insegnamento tradizionale sull’ebraismo, che passerà alla storia col nome di questa città elvetica e da quel momento in poi sarà considerato a tutti gli effetti come la magna charta del dialogo ebraico-cristiano. Tra gli intellettuali cattolici che presero parte a questo incontro vanno annoverati, tra gli altri, anche lo storico Henri Marrou, padre Jean Daniélou e l’abate Vieillard, compresi anche due osservatori del Vaticano e altri rappresentanti che in seguito avrebbero dato vita al Consiglio ecumenico delle Chiese. A tutti i delegati di ogni confessione religiosa fu consegnato un dossier informativo che orniva precise informazioni su varie situazioni particolari: 1) la condizione degli ebrei nei vari paesi europei; 2) il loro rapporto con le istituzioni; 3) l'atteggiamento elle autorità governative nei loro confronti; 4) quello dei rappresentanti delle chiese protestanti e cattoliche; 5) le tendenze antisemitiche presenti nei vari paesi e 6) le proposte concrete per agrinare il fenomeno dell’antisemitismo. Inoltre, in quella occasione, fu fondato anche l'International Council of Christians and Jews, un'organizzazione di teologi, storici ed educatori composta da 38 gruppi nazionali di 32 paesi di tutto il mondo, sorta come reazione all'Olocausto, …
Tra il 30 luglio e il 5 agosto del 1947, nella cittadina svizzera del Canton Uri di SeelisbergI, al termine del conflitto bellico, coordinati dal celebre storico francese Jules Isaac e dal gran rabbino Jacob Kaplan, si riunì una Conferenza internazionale contro l’antisemitismo (Conférence d’urgence contre l’antisémitisme), composta da alcuni rappresentanti ebrei e da un centinaio di delegati cristiani di diverse confessioni provenienti da una ventina di paesi, per stilare un interessante documento in Dieci punti teso ad imprimere una radicale inversione di tendenza (in ebraico Teshuvà) dell’insegnamento tradizionale sull’ebraismo, che passerà alla storia col nome di questa città elvetica e da quel momento in poi sarà considerato a tutti gli effetti come la magna charta del dialogo ebraico-cristiano.
Tra gli intellettuali cattolici che presero parte a questo incontro vanno annoverati, tra gli altri, anche lo storico Henri Marrou, padre Jean Daniélou e l’abate Vieillard, compresi anche due osservatori del Vaticano e altri rappresentanti che in seguito avrebbero dato vita al Consiglio ecumenico delle Chiese.
A tutti i delegati di ogni confessione religiosa fu consegnato un dossier informativo che orniva precise informazioni su varie situazioni particolari:
1) la condizione degli ebrei nei vari paesi europei;
2) il loro rapporto con le istituzioni;
3) l’atteggiamento elle autorità governative nei loro confronti;
4) quello dei rappresentanti delle chiese protestanti e cattoliche;
5) le tendenze antisemitiche presenti nei vari paesi e
6) le proposte concrete per agrinare il fenomeno dell’antisemitismo.
Inoltre, in quella occasione, fu fondato anche l’International Council of Christians and Jews, un’organizzazione di teologi, storici ed educatori composta da 38 gruppi nazionali di 32 paesi di tutto il mondo, sorta come reazione all’Olocausto, per cercare la riconciliazione tra cristiani ed ebrei.
Al termine di questa approfondita riflessione scaturì per l’appunto questo documento noto come i 10 punti di Seelisberg che riportiamo integralmente qui di seguito.
I dieci punti di Seelisberg
I) Ricordare che è lo stesso Dio vivente che parla a tutti nell’Antico come nel Nuovo testamento.
II) Ricordare che Gesù è nato da una madre ebrea della razza di Davide e del popolo di Israele e che il suo amore eterno ed il suo perdono abbracciano il suo popolo e tutta l’umanità.
III) Ricordare che i primi discepoli, gli apostoli ed i primi martiri erano ebrei.
IV) Ricordare che il precetto fondamentale del Cristianesimo, quello dell’amore di Dio e del prossimo, già promulgato nell’Antico Testamento e confermato da Gesù, obbliga Cristiani ed Ebrei in tutte le relazioni umane senza alcuna eccezione.
V) Evitare di denigrare l’ebraismo biblico o post-biblico allo scopo di esaltare il Cristianesimo.
VI) Evitare di usare la parola “ebrei ” nel senso esclusivo di “nemici di Gesù” o l’espressione “nemici di Gesù ” per designare il popolo ebraico tutto quanto.
VII) Evitare di presentare la Passione in modo tale che quanto vi è di odioso per la condanna a morte di Gesù ricada su tutti gli ebrei o soltanto su di loro. Non sono stati infatti tutti gli ebrei che hanno reclamato la morte di Gesù. No sono loro soltanto ad essere responsabili, poiché la croce che ci salva tutti rivela che il Cristo è morto a causa dei peccati di noi tutti. Ricordare a tutti i genitori e a tutti gli educatori cristiani la grave responsabilità che si assumono presentando in modo semplicistica il Vangelo ed in particolare il racconto della Passione. Così facendo rischiamo, lo vogliamo o no , d’ispirare dell’avversione nella coscienza o nel subcosciente dei loro figli o degli ascoltatori. Psicologicamente parlando, nelle anime semplici, pervase da un amore ardente e da una viva compassione per il Salvatore crocifisso, l’orrore che esse risentono, com’è naturale, per i persecutori di Gesù, si tramuterà facilmente in odio generalizzato per gli ebrei di tutti i tempi, compresi quelli del giorno d’oggi.
VIII) Evitare di riferire le maledizioni della Scrittura e il grido d’una folla inferocita: “il suo sangue ricada su di noi e suoi i nostri figli!” senza ricordare che questo grido non può aver il sopravvento sulla preghiera infinitamente più alta di Gesù: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
IX) Evitare di dar credito all’empia opinione secondo la quale il popolo ebraico è condannato, maledetto, riservato a ad un destino di sofferenze.
X) Evitare di parlare degli Ebrei come se non fossero stati i primi ad appartenere alla Chiesa.