mercoledì, 16 Ottobre 2024
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Il discorso in Parlamento che costò la vita a Matteotti

Il discorso del 30 maggio 1924 è quello che costò la vita al giovane e coraggioso deputato socialista, in cui denunciò i brogli e le intimidazioni e, più in generale, il clima di paura e sopraffazione, in cui si erano svolte le elezioni del 6 aprile, le ultime elezioni multipartitiche del ventennio fascista.

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Oggi alla Camera dei Deputati si fa memoria e riflessione sul celebre, veemente discorso che il deputato socialista Giacomo Matteotti pronunciò, cento anni esatti orsono, il 30 maggio 1924. Dopo l’inaugurazione della mostra, allestita nel Transatlantico, si svolgerà una cerimonia con la presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, del Presidente del Senato Ignazio La Russa, e della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nonché del Presidente della Corte Costituzionale, Augusto Antonio Barbera.

Si legge nel sito della Camera dei Deputati: “Il programma prevede: l’Inno nazionale eseguito dalla Banda Interforze, il discorso del Presidente Fontana, una introduzione di Bruno Vespa alla proiezione di un filmato realizzato per l’occasione da Rai Cultura e un intervento dello stesso, mentre il professor Emilio Gentile parlerà di ‘Giacomo Matteotti e le origini del regime fascista’. Al termine saranno premiati gli studenti vincitori del concorso ‘Matteotti per le scuole’. L’ex Presidente della Camera, Luciano Violante interverrà quindi sul tema: ‘L’impegno parlamentare di Giacomo Matteotti: il valore della libertà nella rappresentanza parlamentare’. In conclusione, l’attore Alessandro Preziosi, dallo scranno da cui il deputato Matteotti svolse il proprio intervento il 30 maggio 1924, rileggerà un estratto del testo”. L’evento sarà trasmesso dall’Aula di Montecitorio in diretta, su Rai1 (a cura di Rai Parlamento) e sul canale satellitare e la webtv della Camera, dalle 11.

Il discorso del 30 maggio 1924 è quello che costò la vita al giovane e coraggioso deputato socialista, in cui denunciò i brogli e le intimidazioni e, più in generale, il clima di paura e sopraffazione, in cui si erano svolte le elezioni del 6 aprile, le ultime elezioni multipartitiche del ventennio fascista.

Ha scritto Renzo De Felice, il maggiore storico del Fascismo, nel secondo volume della sua monumentale biografia di Mussolini (“Mussolini il fascista. La conquista del potere 1921-25”, Einaudi 1966), che Matteotti, il segretario del Partito socialista unitario, nel discorso del 30 maggio, “l’ultimo della sua carriera politica e della sua vita”, mirava non tanto all’invalidazione “in tronco” dei deputati della maggioranza fascista, quanto a “inaugurare dalla tribuna più risonante d’Italia, sin dalle primissime battute della nuova legislatura, un modo nuovo di stare all’opposizione, più aggressivo e più intransigente”.

Intransigenza politica e morale che fa di Matteotti, assieme a Antonio Gramsci, la vittima più illustre del Fascismo. Matteotti è citato nelle opere di molti letterati dell’Europa e dell’America Latina: Ivo Andric, Miguel de Unamuno, Stefan Zweig, George Orwell, Marguerite Yourcenar, Leonardo Sciascia.

Il discorso del 30 maggio 1924 è meritatamente tra i più famosi della storia parlamentare italiana e costituisce il culmine della sua breve e intensa attività politica. Giacomo Matteotti, nato nel 1895 a Fratta Polesine, unico sopravvissuto dei sette fratelli, studiò a Rovigo e si laureò in giurisprudenza a Bologna.

Rinunciando alla prospettiva della carriera universitaria, dopo la pubblicazione della sua apprezzata tesi di laurea, negli anni dell’età giolittiana, s’impegnò nel campo socialista in un’intensa attività pubblicistica, politica e amministrativa. Particolarmente attivo e creativo nell’organizzazione delle leghe bracciantili. Matura e predica l’idea-forza che senza l’elevazione sociale e culturale dei contadini, in Italia non è possibile alcun cambiamento.

Rigorosamente neutralista, allo scoppio della prima guerra mondiale, il suo dichiarato pacifismo è considerato un pericoloso sovversivismo e, nonostante alla visita di leva fosse risultato “riformato” per motivi di salute, fu ugualmente richiamato alle armi e, nell’estate del 1916, confinato in Sicilia, vicino a Messina, nella caserma di Campo Inglese, dove rimase fino alla primavera del 1919.

Eletto deputato nelle file del Partito socialista nelle elezioni del 1919, nella circoscrizione di Rovigo e Ferrara, fu riconfermato in quelle del 1921 e nel 1924. In queste ultime non più nelle file del Partito socialista italiano, ma in quelle del Partito socialista unitario, del quale divenne segretario, nato da una scissione dal PSI nel 1922, per rappresentare la componente riformista. L’anno precedente, nel 1921,nel Partito socialista c’era stata un’altra scissione, quella del Partito comunista d’Italia, per rappresentare la componente rivoluzionaria, sull’onda della Rivoluzione russa.

Le elezioni del 1924 si tennero con il nuovo sistema elettorale maggioritario della cosiddetta “Legge Acerbo”, approvata nel novembre dell’anno precedente. In base a questa contrasta legge, la lista che avesse ottenuto il 25% del suffragi avrebbe conseguito il 60% degli eletti. Il nuovo partito di Matteotti ottenne il 5,9% con 24 deputati. 2 in più del Partito socialista italiano. Il PCd’I ancor meno: solo 19 deputati. Il Partito popolare italiano, che aveva Alcide De Gasperi come nuovo segretario, essendo stato il suo fondatore, don Luigi Sturzo, costretto a dimettersi su pressioni della Santa Sede, con 39 deputati era il maggior partito dell’opposizione. La Lista nazionale del Partito fascista, nota come “Listone”, in cui erano confluiti molti esponenti nazionalisti e liberali e anche alcuni transfughi del Partito popolare, chiamati dispregiativamente “clericofascisti”, assieme a una piccola lista civetta, aveva avuto circa il 65% dei suffragi e ben 374 deputati eletti.

Tornando al discorso del 30 maggio, occorre sottolineare che non fu quasi improvvisato. Intervenendo Matteotti aveva in mano solo pochi fogli con degli appunti. Lo stimolo gli fu dato, nella prima seduta della nuova legislatura, dalla richiesta in aula del nuovo presidente della Camera dei Deputati, il noto giurista Alfredo Rocco, di approvare la convalida in blocco di tutti gli eletti della maggioranza.

Matteotti reagì e per circa un’ora intervenne con denunce circostanziate sulle irregolarità e i brogli. Fu interrotto continuamente da urla e schiamazzi, mentre l’emiciclo dove sedevano i deputati socialisti era quasi assediato da deputati fascisti in piedi e minacciosi. Nel proseguo del suo discorso parlò sempre più non come segretario di un partito ma come il portavoce del paese che non voleva cedere di fronte alla dittatura imminente. Matteotti avrebbe dovuto fare un secondo discorso il 10 giugno, ma in quella data venne sequestrato e assassinato.

Sul discorso di Matteotti abbiamo una testimonianza audiovisiva di grande suggestione di Giorgio Amendola, figlio del deputato liberale antifascista, Giovanni Amendola, disponibile anche in rete (https://www.youtube.com/watch?v=0Zpv8OH3ZVM9)

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Ne trascrivo i passaggi più significativi: “Avevo allora 17 anni. Ero uno studente liceale e avevo già una grande passione politica. Ero ficcato nella tribuna delle famiglie durante tutta quella discussione, in una posizione che mio padre non mi vedesse, perché non voleva.

Ho ascoltato di discorso di Matteotti del 30 maggio, discorso pronunciato da Matteotti in mezzo a una continua, tumultuosa ostilità che arrivava a forme aggressive e volgari. A questa violenza esercitata contro Matteotti partecipava direttamente anche Mussolini che interruppe più volte. E Matteotti continuò con coraggio il suo discorso, con calma, accerchiato, quasi protetto dalla pattuglia dell’opposizione.

Ho ricordato più volte l’impressione che ebbi di uno scatto d’insofferenza di Mussolini, che vidi rivolgersi a un suo vicino, non so chi fosse, con un gesto volgare, plateale, come se Matteotti avesse superato non so quale limite. Gesto che voleva dire ‘cosa aspettate, a dargli una lezione’. Forse in quel momento, senza entrare nelle dinamiche del delitto, è partito l’ordine del sequestro, della lezione e, poi, dell’assassinio. Questa impressione mi sempre rimasta”.

© Carlo Felice Casula, 2024

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