Alla vigilia dell’uscita di questo mio nuovo libro, “Il Secolo di Pio XII”, desidero anticipare al lettore lo spirito con cui è stato scritto e i motivi per cui dovrebbe esser letto.
In uscita il 5 dicembre, è una disamina su questo Papa e il suo tempo. Tempo di guerra e di guerra fredda. L’apertura degli archivi vaticani su Pio XIl ha inaugurato una nuova fase di studi di cui si iniziano a conoscere i primi frutti e specialmente le nuove prospettive, aprendosi agli studiosi e a un pubblico più ampio tutta la complessità degli eventi e delle scelte compiute da uomini e istituzioni in quel problematico periodo storico. Ho scritto questo libro con passione di storico ma anche con verve di uomo. Perché la storia è una scienza umana, non una scienza esatta, ed essa, pur nel pieno rispetto del metodo storico, lascia spazio alla partecipazione emotiva e alla passione.
1. Questo libro non è «il primo resoconto completo degli eventi basato sugli archivi recentemente aperti». Non ho questa sicumera, sapendo molto bene che le nuove carte sul pontificato di Eugenio Pacelli, aperte agli studiosi per decisione di Papa Francesco il 2 marzo 2020, hanno inaugurato una nuova stagione di studi che sarà lunga, e di cui si sono già visti i primi frutti (alludo, per esempio, agli schizzi offertici da Johan Ickx, ai due volumi di Maria Luisa Sergio, al volume di mons. Sergio Pagano, a quello di Giovanni Coco e allo studio di Andrea Riccardi).
Peraltro, le nuove carte hanno già generato le prime polemiche (alludo agli studi di Hubert Wolf e di David Kertzer). So dunque molto bene che questa nuova stagione di studi su Pio XII sarà lunga e, si spera, proficua di risultati. Essa sicuramente attraverserà più di una generazione di storici per la mole di documenti assai più consistente di quella sui pontificati precedenti.
2. Sfatato il mito del “libro definitivo”, il volume ne sfata diversi altri: primi fra i quali il mito del «Papa di Hitler» e quello del «Vicario di Cristo» indifferente alla Shoah. Pio XII non fu tutto questo, come acclarato già prima dell’apertura dei nuovi archivi.
3. Questo libro è il portato di una scelta tendenzialmente cronologica di temi diplomatici importanti riguardanti il pontificato di Pio XII. Le scelte sono sostanzialmente frutto di quella mia personale curiosità che a volte mi fa accovacciare sui documenti con la curiosa placidità del mio gatto che invade la tastiera del laptop.
Se dovessi dare una definizione del libro che avrete davanti, direi che si tratta di un libro accademico scritto anche per chi non lo è. Le note sono state pensate come approfondimento critico di un testo che ho cercato, nella misura del possibile, di rendere aperto alla comprensione anche dei non addetti ai lavori.
4. Senza spoilerare troppo, vado ora a parlare di qualcosa che potrebbe destare l’interesse del lettore.
Interesserà, per esempio sapere, che la prima enciclica di Pio XII, la “Summi Pontificatus” del 20 ottobre 1939, entrò nei lavori della Società delle Nazioni subito dopo la sua pubblicazione. Il Consiglio ginevrino, infatti, ne adottò i principi come modello di cooperazione e di coesistenza fra le Nazioni.
5. Il capitolo «Gentlemen’s Unagreement. Storia della “trattativa segreta” fra Hitler e Pio XII» ridiscute una delle principali tesi proposte nel 2022 da David Kertzer nel suo libro “Un Papa in guerra”. Come qualcuno saprà, questo libro è stato vivacemente discusso da me in un lungo editoriale apparso sull’«Osservatore Romano», generando una risposta di Kertzer su «La Repubblica» e una mia replica a lui il giorno dopo, sempre sul quotidiano “liberal”, cui seguì, sempre su «Repubblica», un intervento di Corrado Augias, non ho capii bene a che titolo, piuttosto critico verso le mie considerazioni.
Detto in breve, non esiste alcuna trattativa politica segreta tra Pio XII e Hitler, addirittura auspicata dal Papa. Ho ripreso la storia narrata da Kertzer per dimostrare quale fosse il vero intento della Germania nazista, cui Pio XII si oppose nettamente; il che determinò il «fallimento di successo» della visita del ministro degli esteri nazista von Ribbentrop in Vaticano.
6. Due capitoli del libro, molto ben documentati, sono dedicati a un caso davvero assai delicato: quello sul ruolo del vescovo della diocesi slovacca di Spiš, monsignor Vojtaššák, nella deportazione degli ebrei slovacchi, e sulle mie inevitabili conclusioni: quel vescovo (anche come vicepresidente del Consiglio di Stato slovacco, organo collaborazionista che aveva esautorato la Dieta, ossia il parlamento slovacco) fu debole, remissivo e passivo innanzi alla decisione del 25 marzo 1942, adottata proprio dal Consiglio di Stato, di deportare tutti gli ebrei slovacchi ad Auschwitz e a Birkenau. La questione è molto delicata. Mi ci sono soffermato a lungo nel libro perché è in corso una causa di beatificazione di mons. Vojtaššák che, come storico e alla luce della nuova documentazione, a mio personale avviso dovrebbe essere fermata, per le ragioni che spiego approfonditamente nel libro.
Anticipo che questi due capitoli, intitolati “Buio slovacco” e “Una Slovacchia provvisoria”, rispettivamente dedicati al periodo bellico e postbellico, mi hanno procurato qualche malumore nei fautori della beatificazione di Vojtaššák, venutine a conoscenza. Dal mio modesto punto di vista, mi limito ad osservare che uno non merita la beatificazione solo per ciò che ha sofferto sotto un regime comunista, e prescindendo da ciò che ha egli fatto (o non ha fatto) sotto altri regimi…
7. Un capitolo lunghissimo e importante, basato sui nuovi documenti vaticani (ma non solo…), è dedicato al razzismo in Croazia e al ruolo della Santa Sede nelle vicende di quella nazione. Detto molto in breve, la storia di mons. Alojzije Viktor Stepinac, arcivescovo di Zagabria , va completamente riscritta dato che egli fu uno dei più importanti contatti fra il Gran Rabbinato croato e la Santa Sede per la salvezza degli ebrei. Questo dicono le carte. Diversamente non si capirebbe come mai uno dei più grandi fautori della nomina di Stepinac a “Giusto tra le Nazioni” sia stato proprio colui che all’epoca dei fatti era il Segretario particolare del Gran Rabbino di Zagabria (altra testimone diretta è una studiosa anche lei nominata “Giusto” da Yad Vashem). I documenti ora disponibili spiegano molti snodi su cui gli studiosi non avevano potuto prima soffermarsi.
8. Il lettore troverà ovviamente in questo libro anche un capitolo sul “sabato nero” di Roma (16 ottobre 1943) e poi un denso capitolo sul famoso “caso Finaly”. Ci sono tuttavia altre cose in cui in sono imbattuto e che vorrei qui condividere.
9. Un capitolo riguarda “Il Vaticano visto da Norimberga”. Narro che la prima apertura delle carte vaticane non avvenne negli anni Sessanta con la serie “Actes et Documents”, bensì a metà degli anni Quaranta, proprio in occasione del processo ai maggiori criminali di guerra nazisti, celebrato per legge del contrappasso nella città che diede i “natali” al partito nazista e alle leggi antisemite.
10. Un altro capitolo s’intitola «Il Vaticano? Un museo da dieci lire». Questo il costo del biglietto d’ingresso che i nazisti avrebbero fatto pagare per visitare quel “museo” d’Oltretevere, una volta vinta la guerra. La storia era già nota dai documenti editi, ma le nuove carte aggiungono sale e pepe a questa vera e propria crisi tra il Vaticano e i diplomatici nazisti, che si credevano padroni di Roma. Appendice: uno di questi personaggi (diplomatico della “scuola nazista” di Ribbentrop!) poté far bellamente ritorno in Italia dopo la guerra, accreditato come ministro plenipotenziario dell’Ambasciata tedesco-occidentale presso il Quirinale!
11. Un altro capitolo del libro s’intitola «Un’appendice di carte sciolte». Carte sciolte sono quelle carte apparentemente sciolte dai dossier originali, ritrovate disperse fra altre carte, e che trattano svariati e curiosi casi.
Ho scritto questo capitolo per i lettori più giovani, magari già appassionati di Storia, per svelar loro che quando uno va negli archivi per studiare un tema, nello sfogliare le carte tanti altri se ne presentano ai suoi occhi, in un continuo “pop-up” di storie che si aprono all’interesse del ricercatore.
Come esempi cito la questione dei lasciapassare e dell’extraterritorialità vaticana nella Roma nazista; o storie come quella di un confinato a Ventotene; o come l’appassionante storia veneziana di un “falsario di battesimi”.
12. Mi ha dato molto gusto poi scrivere un capitolo che ho intitolato «Tra Casa Savoia e il Cremlino. Storie di pacifisti nelle carte vaticane». Vi sono contenute le sorprendenti storie del «monarca del Divino Amore» (Umberto II di Savoia), dei «monarchici di Botteghe Oscure», la storia di «Mosca in Vaticano» e quella di «un’anima redenta da Cristo», ossia l’«indimenticabile Stalin».
Pur nelle sue corpose 624 pagine, questo volume, lo ripeto, non è il libro definitivo su Pio XII. Ovviamente le mie ricerche stanno continuando; e un altro volume, anche se su un tema diverso, è in uscita. Ma certamente “Il Secolo di Pio XII” offre molti stimoli a ricerche successive che, anche per semplici ragioni anagrafiche, saranno i più giovani a proseguire.
Per la complessità e quantità di carte esistenti, per il tempo che sarà necessario a studiarle tutte, sono infatti del tutto sicuro che molti dei futuri autorevoli storici del Vaticano di Pio XII, mentre ora vi scrivo, siedono ancora sui banchi di scuola.
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Il SECOLO DI PIO XII
Momenti di storia diplomatica vaticana del Novecento. Dal 5 dicembre in tutte le edicole.
Alla vigilia dell’uscita di questo mio nuovo libro, “Il Secolo di Pio XII”, desidero anticipare al lettore lo spirito con cui è stato scritto e i motivi per cui dovrebbe esser letto.
In uscita il 5 dicembre, è una disamina su questo Papa e il suo tempo. Tempo di guerra e di guerra fredda.
L’apertura degli archivi vaticani su Pio XIl ha inaugurato una nuova fase di studi di cui si iniziano a conoscere i primi frutti e specialmente le nuove prospettive, aprendosi agli studiosi e a un pubblico più ampio tutta la complessità degli eventi e delle scelte compiute da uomini e istituzioni in quel problematico periodo storico.
Ho scritto questo libro con passione di storico ma anche con verve di uomo. Perché la storia è una scienza umana, non una scienza esatta, ed essa, pur nel pieno rispetto del metodo storico, lascia spazio alla partecipazione emotiva e alla passione.
1. Questo libro non è «il primo resoconto completo degli eventi basato sugli archivi recentemente aperti». Non ho questa sicumera, sapendo molto bene che le nuove carte sul pontificato di Eugenio Pacelli, aperte agli studiosi per decisione di Papa Francesco il 2 marzo 2020, hanno inaugurato una nuova stagione di studi che sarà lunga, e di cui si sono già visti i primi frutti (alludo, per esempio, agli schizzi offertici da Johan Ickx, ai due volumi di Maria Luisa Sergio, al volume di mons. Sergio Pagano, a quello di Giovanni Coco e allo studio di Andrea Riccardi).
Peraltro, le nuove carte hanno già generato le prime polemiche (alludo agli studi di Hubert Wolf e di David Kertzer). So dunque molto bene che questa nuova stagione di studi su Pio XII sarà lunga e, si spera, proficua di risultati. Essa sicuramente attraverserà più di una generazione di storici per la mole di documenti assai più consistente di quella sui pontificati precedenti.
2. Sfatato il mito del “libro definitivo”, il volume ne sfata diversi altri: primi fra i quali il mito del «Papa di Hitler» e quello del «Vicario di Cristo» indifferente alla Shoah. Pio XII non fu tutto questo, come acclarato già prima dell’apertura dei nuovi archivi.
3. Questo libro è il portato di una scelta tendenzialmente cronologica di temi diplomatici importanti riguardanti il pontificato di Pio XII. Le scelte sono sostanzialmente frutto di quella mia personale curiosità che a volte mi fa accovacciare sui documenti con la curiosa placidità del mio gatto che invade la tastiera del laptop.
Se dovessi dare una definizione del libro che avrete davanti, direi che si tratta di un libro accademico scritto anche per chi non lo è. Le note sono state pensate come approfondimento critico di un testo che ho cercato, nella misura del possibile, di rendere aperto alla comprensione anche dei non addetti ai lavori.
4. Senza spoilerare troppo, vado ora a parlare di qualcosa che potrebbe destare l’interesse del lettore.
Interesserà, per esempio sapere, che la prima enciclica di Pio XII, la “Summi Pontificatus” del 20 ottobre 1939, entrò nei lavori della Società delle Nazioni subito dopo la sua pubblicazione. Il Consiglio ginevrino, infatti, ne adottò i principi come modello di cooperazione e di coesistenza fra le Nazioni.
5. Il capitolo «Gentlemen’s Unagreement. Storia della “trattativa segreta” fra Hitler e Pio XII» ridiscute una delle principali tesi proposte nel 2022 da David Kertzer nel suo libro “Un Papa in guerra”. Come qualcuno saprà, questo libro è stato vivacemente discusso da me in un lungo editoriale apparso sull’«Osservatore Romano», generando una risposta di Kertzer su «La Repubblica» e una mia replica a lui il giorno dopo, sempre sul quotidiano “liberal”, cui seguì, sempre su «Repubblica», un intervento di Corrado Augias, non ho capii bene a che titolo, piuttosto critico verso le mie considerazioni.
Detto in breve, non esiste alcuna trattativa politica segreta tra Pio XII e Hitler, addirittura auspicata dal Papa. Ho ripreso la storia narrata da Kertzer per dimostrare quale fosse il vero intento della Germania nazista, cui Pio XII si oppose nettamente; il che determinò il «fallimento di successo» della visita del ministro degli esteri nazista von Ribbentrop in Vaticano.
6. Due capitoli del libro, molto ben documentati, sono dedicati a un caso davvero assai delicato: quello sul ruolo del vescovo della diocesi slovacca di Spiš, monsignor Vojtaššák, nella deportazione degli ebrei slovacchi, e sulle mie inevitabili conclusioni: quel vescovo (anche come vicepresidente del Consiglio di Stato slovacco, organo collaborazionista che aveva esautorato la Dieta, ossia il parlamento slovacco) fu debole, remissivo e passivo innanzi alla decisione del 25 marzo 1942, adottata proprio dal Consiglio di Stato, di deportare tutti gli ebrei slovacchi ad Auschwitz e a Birkenau. La questione è molto delicata. Mi ci sono soffermato a lungo nel libro perché è in corso una causa di beatificazione di mons. Vojtaššák che, come storico e alla luce della nuova documentazione, a mio personale avviso dovrebbe essere fermata, per le ragioni che spiego approfonditamente nel libro.
Anticipo che questi due capitoli, intitolati “Buio slovacco” e “Una Slovacchia provvisoria”, rispettivamente dedicati al periodo bellico e postbellico, mi hanno procurato qualche malumore nei fautori della beatificazione di Vojtaššák, venutine a conoscenza. Dal mio modesto punto di vista, mi limito ad osservare che uno non merita la beatificazione solo per ciò che ha sofferto sotto un regime comunista, e prescindendo da ciò che ha egli fatto (o non ha fatto) sotto altri regimi…
7. Un capitolo lunghissimo e importante, basato sui nuovi documenti vaticani (ma non solo…), è dedicato al razzismo in Croazia e al ruolo della Santa Sede nelle vicende di quella nazione. Detto molto in breve, la storia di mons. Alojzije Viktor Stepinac, arcivescovo di Zagabria , va completamente riscritta dato che egli fu uno dei più importanti contatti fra il Gran Rabbinato croato e la Santa Sede per la salvezza degli ebrei. Questo dicono le carte. Diversamente non si capirebbe come mai uno dei più grandi fautori della nomina di Stepinac a “Giusto tra le Nazioni” sia stato proprio colui che all’epoca dei fatti era il Segretario particolare del Gran Rabbino di Zagabria (altra testimone diretta è una studiosa anche lei nominata “Giusto” da Yad Vashem). I documenti ora disponibili spiegano molti snodi su cui gli studiosi non avevano potuto prima soffermarsi.
8. Il lettore troverà ovviamente in questo libro anche un capitolo sul “sabato nero” di Roma (16 ottobre 1943) e poi un denso capitolo sul famoso “caso Finaly”. Ci sono tuttavia altre cose in cui in sono imbattuto e che vorrei qui condividere.
9. Un capitolo riguarda “Il Vaticano visto da Norimberga”. Narro che la prima apertura delle carte vaticane non avvenne negli anni Sessanta con la serie “Actes et Documents”, bensì a metà degli anni Quaranta, proprio in occasione del processo ai maggiori criminali di guerra nazisti, celebrato per legge del contrappasso nella città che diede i “natali” al partito nazista e alle leggi antisemite.
10. Un altro capitolo s’intitola «Il Vaticano? Un museo da dieci lire». Questo il costo del biglietto d’ingresso che i nazisti avrebbero fatto pagare per visitare quel “museo” d’Oltretevere, una volta vinta la guerra. La storia era già nota dai documenti editi, ma le nuove carte aggiungono sale e pepe a questa vera e propria crisi tra il Vaticano e i diplomatici nazisti, che si credevano padroni di Roma. Appendice: uno di questi personaggi (diplomatico della “scuola nazista” di Ribbentrop!) poté far bellamente ritorno in Italia dopo la guerra, accreditato come ministro plenipotenziario dell’Ambasciata tedesco-occidentale presso il Quirinale!
11. Un altro capitolo del libro s’intitola «Un’appendice di carte sciolte». Carte sciolte sono quelle carte apparentemente sciolte dai dossier originali, ritrovate disperse fra altre carte, e che trattano svariati e curiosi casi.
Ho scritto questo capitolo per i lettori più giovani, magari già appassionati di Storia, per svelar loro che quando uno va negli archivi per studiare un tema, nello sfogliare le carte tanti altri se ne presentano ai suoi occhi, in un continuo “pop-up” di storie che si aprono all’interesse del ricercatore.
Come esempi cito la questione dei lasciapassare e dell’extraterritorialità vaticana nella Roma nazista; o storie come quella di un confinato a Ventotene; o come l’appassionante storia veneziana di un “falsario di battesimi”.
12. Mi ha dato molto gusto poi scrivere un capitolo che ho intitolato «Tra Casa Savoia e il Cremlino. Storie di pacifisti nelle carte vaticane». Vi sono contenute le sorprendenti storie del «monarca del Divino Amore» (Umberto II di Savoia), dei «monarchici di Botteghe Oscure», la storia di «Mosca in Vaticano» e quella di «un’anima redenta da Cristo», ossia l’«indimenticabile Stalin».
Pur nelle sue corpose 624 pagine, questo volume, lo ripeto, non è il libro definitivo su Pio XII. Ovviamente le mie ricerche stanno continuando; e un altro volume, anche se su un tema diverso, è in uscita. Ma certamente “Il Secolo di Pio XII” offre molti stimoli a ricerche successive che, anche per semplici ragioni anagrafiche, saranno i più giovani a proseguire.
Per la complessità e quantità di carte esistenti, per il tempo che sarà necessario a studiarle tutte, sono infatti del tutto sicuro che molti dei futuri autorevoli storici del Vaticano di Pio XII, mentre ora vi scrivo, siedono ancora sui banchi di scuola.
© Matteo Luigi Napolitano, 2023
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