giovedì, 10 Ottobre 2024
173
Live visitors
Light
Dark

IL VESCOVO DEGLI EBREI

Il racconto avvincente della fuga alla ricerca della salvezza del Rabbino capo di Acqui Adolfo Yehoshua ben Yehudà Ancona e dei suoi famigliari dopo l’8 settembre 1943 e terminata il 25 aprile 1945 a Stresa, protetta e aiutata da centinaia di persone, contadini e aristocratici, Vescovi e frati, Carabinieri, e partigiani a rischio della vita.

Getting your Trinity Audio player ready...

Please accept YouTube cookies to play this video. By accepting you will be accessing content from YouTube, a service provided by an external third party.

YouTube privacy policy

If you accept this notice, your choice will be saved and the page will refresh.

Presentazione tenuta a Torino del libro “Il vescovo degli ebrei. Storia di una famiglia ebraica durante la Shoah” (febbraio 2020)

“Il ricordo e la vita” è un progetto che parte dal Piemonte nel 2018 traendo spunto dalle vicende della famiglia Ancona-Polacco durante la Shoah e degli eroi coraggiosi che hanno protetto e salvato alcuni dei suoi membri. Tre tra i numerosi “salvatori“ sono stati riconosciuti Giusti tra le Nazioni dal Memoriale della Shoah Yad Vashem di Gerusalemme. A questa straordinaria storia è dedicato il romanzo storico “Il Vescovo degli ebrei – Storia di una famiglia ebraica durante la Shoah” (puntoacapo Ed. 2019) e il docufilm di Rai Uno “Zachór – La fatica della Memoria”, a cura di Caterina Doglio.
Per decenni c’è stato un lungo silenzio sulla Shoah: molti tra i sopravvissuti ai campi di sterminio si sono sentiti colpevoli di essere ritornati, o addirittura colpevoli di ricordare. E per decenni anche molti tra quelli che si sono salvati hanno tenuto nascosti ai propri famigliari gli eventi che li avevano coinvolti durante la Shoah, forse perché temevano di non essere creduti, o forse perché non volevano trasferire il trauma ai propri discendenti.

Nell’ebraismo ricordare è un obbligo e un impegno talvolta molto doloroso in quanto, ponendo noi ebrei nel ruolo di vittime della più grande tragedia della storia recente, rischia di alimentare il senso di colpa di una società odierna – in particolare quella italiana – che non è ancora riuscita a trovare la soluzione a quei nodi tuttora irrisolti e il modo per l’assunzione di piena responsabilità, con conti purtroppo ancora in sospeso che impediscono un autentico e duraturo riavvicinamento tra le parti.
Ogni anno, durante la celebrazione della Pasqua ebraica, noi ci caliamo nella vicenda come se ogni generazione fosse quella uscita dall’Egitto. E la narrazione viene trasmessa e raccontata di padre in figlio, di generazione in
generazione, perché dobbiamo continuare a ricordare per non cedere all’oblio, considerando l’uscita dall’Egitto non come un mero fatto del passato, un evento cioè consegnato oramai alla storia, ma come parte del vissuto di ciascun ebreo, resa vivente dal solo fatto di ricordare. Proprio come la Shoah. Noi ebrei siamo responsabili di custodire il ricordo e renderlo Memoria, una Memoria della Shoah che oltre alla tragedia e la morte ricordi anche la vita, attraverso la trasmissione dei valori di coraggio, altruismo e generosità che molti eroici esponenti della nostra società civile hanno dimostrato nel momento più buio del secolo scorso. Questo è uno degli obiettivi nel percorso di Memoria intrapreso da questo progetto, perché si rifletta sul fatto che il buio si vince solo con la luce. Durante la Shoah non sono serviti riflettori ma sono bastate piccole candele ad illuminare le tenebre… quegli uomini e donne, in molti casi ancora sconosciuti, che hanno salvato vite spesso perdendo la propria e la cui abnegazione deve essere da esempio per le future generazioni… Uomini e donne che questo progetto vuole portare all’attenzione del Memoriale della Shoah Yad Vashem di Gerusalemme perché possano essere finalmente riconosciuti “Giusti tra le Nazioni”.
Nell’ebraismo non sono luoghi o monumenti a trasmettere la Memoria, ma semmai è proprio quest’ultima a tramandarne il ricordo: attraverso incontri, testimonianze e parole tradotte in libri o racconti. Come nell’uscita dall’Egitto è la narrazione che obbliga a fare Memoria, così questo progetto itinerante – come un treno da cui salgono e scendono salvatori e salvati, testimoni, discendenti e storici – raccoglie testimonianze e riporta alla vita volti, nomi e ricordi, strappa dall’oblio eroi sconosciuti e vicende dimenticate raccontandole, riunendo frammenti e storie di ebrei e non ebrei in un’unica grande narrazione… Memoria del nostro Paese.
Questo progetto vuole contribuire alla trasformazione del ricordo in Memoria vivente, dunque dal passato nel presente per il futuro, attualizzandolo per coinvolgere attivamente soprattutto le giovani generazioni. Raccogliendo e raccontando, la narrazione si fa ricordo e poi Memoria con il coinvolgimento e responsabilizzazione di tutta la società in questo sforzo. La Memoria è patrimonio di tutti, non può e non deve cedere all’oblio con la scomparsa di chi la Shoah l’ha vissuta tragicamente sulla sua pelle. Tutti siamo discendenti di vittime, carnefici, partigiani, delatori, salvatori, salvati o deportati. E tutti abbiamo la responsabilità – ognuno per la propria parte – di far sì che la Memoria della Shoah sia monito ed insegnamento, con il buio che ha portato morte e la luce di chi ha illuminato il percorso verso la vita.


“Il Vescovo degli ebrei” è un racconto avvincente, una fuga costante alla ricerca di salvezza da parte del Rabbino capo di Acqui e dei suoi famigliari, durata quasi due anni, iniziata ad Acqui Terme dopo l’8 settembre 1943 e terminata il 25 aprile 1945 a Stresa. Fu protetta e aiutata da un intero territorio – quello acquese – costituito da centinaia di persone, contadini e aristocratici, Vescovi e frati, Carabinieri, partigiani e a Stresa, sul Lago Maggiore, da singoli individui che, con il loro silenzio, grande abnegazione e a rischio della vita, hanno protetto e salvato la famiglia Ancona e molti altri ebrei dalla furia nazista.

Ispirato a una storia inedita e assolutamente vera, questo romanzo vuole portare alla luce ed esaltare il lato più nobile dell’essere umano, costituito da quei valori di dignità, altruismo e coraggio che hanno prevalso sulla morte nel momento più tragico e buio della nostra storia recente.

Alcuni personaggi del libro, compreso alcuni parenti del Rabbino, purtroppo non riusciranno a sfuggire alla deportazione nei lager e alla morte.

Adolfo Yehoshua ben Yehudà Ancona

Questo romanzo, che racconta in realtà un fatto realmente accaduto, ovvero la vicenda storica del rabbino di Acqui Adolfo Ancona e della sua famiglia, intende anche ricordare accanto a tutti coloro che sono stati durante il periodo delle leggi razziali, indifferenti o peggio complici, e che hanno permesso la deportazione degli ebrei, anche tutti quelli che viceversa, a rischio della propria vita, si sono adoperati per nascondere, proteggere e salvare gli ebrei.

Questo libro è il frutto di un’intensa ricerca partita alcuni anni or sono dall’esigenza sostanzialmente di memoria, cioè di parlare di una vicenda ancora inedita, una vicenda familiare che ha a che fare e affonda le sue radici in Piemonte ma si estende un po’ in tutta l’Italia. Una vicenda che praticamente ha raccolto sia nell’ambito dei salvati che soprattutto in quello dei salvatori l’intera nazione: partigiani, carabinieri, marescialli dell’esercito, tutti spesi per la salvezza e per la vita. Questo libro, che ho deciso di scrivere in forma di romanzo storico in modo da rendere fruibile questa storia anche e soprattutto ai giovani, è stato presentato a livello nazionale sia in ambiti istituzionali di biblioteche ma soprattutto nelle scuole.

Giorgio Polacco con mamma Violette e il piccolo Meir, Israele 1953

Come ricorda mio marito, Meir Polacco:

Dopo l’otto settembre, dopo che il mio bisnonno il rabbino Ancona, avvisò tutta la comunità di andare via, di scappare, iniziarono le loro peripezie e i loro nascondigli.
Prima a Terzo, poi a Ponzone, poi a Cartosio e poi dopo fino a Stresa. Mio padre poi da partigiano arrivò addirittura a Milano e qui ricevette un documento che gli permise di non fare il militare. Con questo documento riuscì a salvarsi perché nessuno pensò che fosse ebreo, nonostante poi fosse stato preso dai nazifascisti e portato prima nel carcere di San Vittore a Milano, poi a Cremona a via delle Lacrime e da qui a Torino, dove fu torturato fino al 25 Aprile.

Meir Polacco
Documento falso di Giorgio Polacco (qui chiamato Giorgio De Barbieri)
Angelo Moro

Dopo due anni di scrupolose verifiche il Memoriale della Shoah Yad Vashem di Gerusalemme ha concluso il complesso e rigoroso iter per attribuire il titolo di “Giusti tra le Nazioni” a tre eroi dimenticati dell’Alto Monferrato “che durante il periodo più buio della storia dell’umanità, hanno saputo scegliere ciò che era giusto e non ciò che forse sarebbe stato più facile”. In questa vicenda il primo dei tre “eroi” che sono stati insigniti di quest’alta onorificenza da parte di Yad Vashem si chiamava Angelo Moro che, all’epoca dei fatti qui narrati, ricopriva la funzione di podestà ad Acqui e, proprio all’indomani della proclamazione dell’armistizio siglato com’è noto l’8 settembre 1943, si premurò di procurare documenti falsi ad Adolfo Yehoshua ben Yehudà Ancona, salvando in tal modo oltre a lui anche il nipote Giorgio Polacco e ad altri familiari.

Il RabbinoAdolfo Yehoshua ben Yehudà Ancona

In seguito, dopo essere stati messi in guardia dal maresciallo dei Carabinieri Arcangelo Sonnati, ad occuparsi della famiglia del rabbino Ancona furono Enrico Giuseppe Badarello – un falegname che aveva conosciuto il rabbino quando aveva costruito i banchi della sinagoga – e Mafalda Bosio, i quali si offrirono di ospitarli all’interno della loro cascina “Zapota” che avevano a Terzo, a soli pochi chilometri da Acqui Terme. Il Pievese Arcangelo Sonnati era una voce disobbediente che ascoltò la sua coscienza.

Famiglia Badarello a Terzo

Arcangelo Sonnati era in servizio a Ponzone come maresciallo della stazione locale dei carabinieri. Aveva un passato di servizio ineccepibile. Tra l’altro aveva avuto anche una croce al merito di guerra per la Prima guerra mondiale. In quel frangente deve decidere se salvare una famiglia di ebrei perseguitati, oppure obbedire agli ordini superiori e cioè scovarli e consegnarli ai tedeschi. Decide di avvertire gli ebrei, dopodiché raccoglie le sue cose e passa alla clandestinità. Siamo all’inizio di giugno del 1944. Si badi bene che allora un militare che si rifiutava di obbedire agli ordini superiori, quindi la disobbedienza veniva considerata diserzione, ed era punita con l’immediata fucilazione.

Il maresciallo dei Carabinieri Arcangelo Sonnati

A palazzo Thellung era entrato il maresciallo Sonnati e quella sera stessa ne era uscito il partigiano Monterosa, che si incamminò verso la stazione dei carabinieri di Ponzone per l’ultima volta. Il militare di guardia lo salutò e resto sull’attenti fino a quando vide il maresciallo entrare nel suo ufficio. Arcangelo Sonnati raccolse le cose personali dai cassetti e dalla scrivania, stacco i diplomi e gli encomi solenni appesi al muro e ripose tutto in una valigetta poi, spenta la luce, uscì salutando la guardia, “torno subito”. Quella notte non rientrò e neppure nei giorni seguenti. Si unì alla settima Brigata dell’Ottava Divisione Giustizia e Libertà. Era il 2 giugno 1944.

Uno stralcio del libro “Il Vescovo degli ebrei”
Valentina Padulazzi

Dal Conte Giuseppe Thellung di Courtelary alla famiglia Badarello, Terzo è stato uno dei luoghi che ha maggiormente supportato la lotta del Rabbino Ancona per la libertà. Difatti, altri membri della famiglia si sono rifugiati a Ponzone e Cartosio. Verso la fine della guerra, il rabbino Ancona si trasferisce a Stresa ospite della Pensione Croce Bianca dei coniugi Ripossi e Valentina Padulazzi dove troverà ancora grande ospitalità. In tal senso assistiamo alla partecipazione corale di tutta la società civile che si schierò per difendere la vita, quindi non una semplice famiglia che difende o protegge un’altra famiglia.

Pensione Croce Bianca a Stresa sul Lago Maggiore

Qui parliamo di un’intera società civile perché oltre al maresciallo Sonnati, abbiamo i cittadini di un intero paese, abbiamo vescovi, frati, contadini e questo significa che il territorio, quel territorio e non solo quello, perché la vicenda si è estesa a livello nazionale toccando le sponde del lago Maggiore per arrivare fino a Padova, Treviglio, Roma e addirittura fino a Palermo. Ha raccolto e tuttora manifesta una normalità del bene, una semplicità del bene che non era fatto per ragionamento, ma veniva espresso nella salvezza.

Dichiarazione del rabbino Ancona in cui cita per la prima volta i suoi salvatori, 6 maggio 1945

Al rabbino Ancona piaceva la liquirizia da quando il medico gliel’aveva prescritta per alzare la pressione e aveva la sua variante preferita, di cui non riusciva a fare a meno quella purissima, sminuzzata in piccole schegge nere dal gusto pungente, che acquistava in una scatoletta metallica di forma rettangolare. Era la migliore liquirizia sul mercato, prodotta dalla Premiata ditta Amarelli di Rossano, in Calabria.

Breve stralcio tratto dal cap. III del libro “Il Vescovo degli ebrei”, pag. 48.

Alcuni personaggi del libro, compreso alcuni parenti del Rabbino, purtroppo non riusciranno a sfuggire alla deportazione nei lager e alla morte.

Comune di Città della Pieve “Giornata della Memoria”. Presentazione del romanzo storico “Il Vescovo degli Ebrei”

© Paola Fargion, 2023

Tutti i diritti riservati. Tutti i contenuti pubblicati in questo articolo sono protetti da copyright e non possono, né in tutto né in parte, in qualsiasi forma o tramite qualsiasi mezzo, essere utilizzati, modificati, copiati, pubblicati o riprodotti senza il consenso scritto dell’Autore e la citazione della fonte.

Share the post

Iscriviti alla nostra newsletter

Thank you for subscribing to the newsletter.

Oops. Something went wrong. Please try again later.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *