Dopo l’8 settembre 1943 la porta della famiglia Castagnino si aprì, anche quella volta, per accogliere Marco Levi, appartenente alla Comunità ebraica di Mondovì, braccato dai nazifascisti. Per questo suo gesto ha ricevuto da Yad Vashem il riconoscimento di “Giusto tra le Nazioni”.
Giovedì scorso, esattamente il 7 dicembre, iniziava la Festa di Chanukkà, chiamata anche Festa delle Luci, una ricorrenza non biblica ma storica entrata a far parte – nei secoli – del calendario delle festività ebraiche. Chanukkà – che significa “dedicazione” – è così chiamata perché celebra la ridedicazione del Tempio (che era stato sconsacrato) dopo la vittoria degli ebrei guidati da Giuda il Maccabeo sull’esercito seleucida. Quando i sacerdoti cercarono di accendere la Menorà (il candelabro a sette braccia) del Tempio, fu rinvenuto olio consacrato sufficiente per un solo giorno, ma miracolosamente il candelabro restò acceso otto giorni, il tempo necessario perché nuovo olio fosse preparato secondo le regole della purità rituale. E dunque per commemorare questo miracolo i Saggi istituirono la festa di Chanukkà, della durata di otto giorni.
Proprio alla vigilia della Festa abbiamo ricevuto la comunicazione da Gerusalemme che quattro nuovi coraggiosi italiani erano stati riconosciuti GiustiTraleNazionidalla Commissione del Memoriale della Shoah Yad Vashem. Stiamo parlando di alcuni dei tanti ancora non onorati che abbiamo presentato al Memoriale perché vengano insigniti del riconoscimento di GiustiTraleNazioni. In questo caso parliamo di una famiglia piemontese nata e cresciuta tra Mondovì e la Val Corsaglia, in provincia di Cuneo, un territorio aspro, difficile, chiuso, ma capace di generosità assoluta.
Giovanni Castagnino, sua moglie Maria Vinai, le loro quattro figlie, insieme ai fratelli di lui Marietta e Luigi erano lassù quando imperversava la persecuzione contro gli ebrei nell’autunno 1943. Nel territorio tutti conoscevano quella famiglia, nota per la generosità e l’aiuto che solitamente forniva a chiunque di passaggio avesse bisogno di riparo e di cibo. I Castagnino erano poveri, solo sei mucche, qualche capra e piccoli appezzamenti di terreno da coltivare, ma ricchi nell’anima. E quando giunse il tempo della prova decisiva non si tirarono indietro.
Un giorno bussò alla loro porta Marco Levi ,ebreo in fuga indirizzato fin lassù dall’avvocato Dardanelli, che conosceva bene i Castagnino perché era solito andare a caccia con Giovanni sui monti dell’alta Val Corsaglia. MarcoLevi, nato nel 1910, era persona assai nota appartenente all’antica Comunità ebraica di Mondovì. Benefattore, piccolo banchiere e industriale ceramista, fu fondatore e promotore nel dopoguerra del Museo della Ceramica di Mondovì. Dopo l’8 settembre 1943 da uomo stimato e benvoluto divenne un ricercato sulla cui testa pendeva una taglia, in fuga dalle SS e dai fascisti che lo stavano braccando. La porta della famiglia Castagnino si aprì, anche quella volta, e MarcoLevi fu accolto, come ben racconta Maria nel breve diario che ha voluto lasciare ai suoi discendenti.
Giovanna, Caterina e Maria (Assunta, l’ultimogenita, sarebbe nata proprio in quei drammatici giorni) erano le bimbe cui i genitori ordinarono di tenere la bocca chiusa, specie a scuola e con chiunque facesse domande. Nessuno doveva sapere del “Munsü”, il signore che la famiglia nascondeva. MarcoLevi restò ai Campi Manera, sui monti dell’alta Val Corsaglia ben diciassette mesi, passando dalla casa a rifugi di emergenza selezionati appositamente per nasconderlo: scantinati sotto terra, anfratti e grotte perché era costantemente braccato dai tedeschi che sospettavano dei Castagnino. Erano convinti che nascondessero partigiani e per questo li sorvegliavano da lontano, con un potente binocolo e una mitragliatrice puntata sulla loro casa. Un giorno – decisi a bruciarla – furono bloccati in extremis dall’ intervento del parroco; un’ altra volta invece fecero irruzione in casa, come ricorda Maria nel suo diario:
Maria ricorda che il dottor Levi viveva con loro durante il giorno condividendo ogni cosa, dal cibo al freddo pungente. Lo ricorda poi intento a leggere molto e a pregare, anche quattro – cinque volte al giorno.
Uno dei criteri – il più importante – che determinano l’attribuzione del riconoscimento di “GiustoTraleNazioni” sta nelle parole di Maria Vinai Castagnino: il grande rischio che hanno corso loro stessi e fatto correre alle proprie bambine per proteggere la vita di un ebreo perseguitato. Senza calcoli, tornaconti, ragionamenti… Solo l’aver agito nella piena consapevolezza che fosse normale, quella normalità del bene che oggi abbiamo perso, obnubilati nella coscienza (per fortuna non tutti noi) da non distinguere più il bene dal male, il giusto dallo sbagliato, il sacro dal profano.
Oggi c’è nostalgia di queste persone, oggi mancano figure come Giovanni, Maria, Luigi e Marietta, nella loro semplicità, nella loro umile normalità, nella loro frugalità: di pensieri, gesti, parole. Quella frugalità che ha saputo esprimersi nella forma più alta elevando il valore della Vita e consegnando alla Memoria la parte migliore dell’ uomo.
Questo è il valore di tutti i GiustiTraleNazioni di cui da giovedì scorso fa parte anche la famiglia Castagnino. Questa è la lucedeiGiusti che illumina e continuerà ad illuminare il buio, alimentata da olio consacrato come ai tempi della prima Chanukkà. E proprio nell’ora in cui l’odio verso il popolo ebraico e la cieca volontà di cancellarlo sono riemersi con virulenza dalle viscere della terra, più che mai la lucedeiGiusti sta ad indicarci il sentiero e l’esempio da seguire sussurrando queste parole con un filo di voce:
Proprio come la famiglia Castagnino che ha brillato nel buio… Giovanni, Maria, Luigi e Marietta riposano nel piccolo cimitero di Fontane e la loro Memoria illuminerà per sempre la Val Corsaglia e le nostre coscienze.
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