LA “MISSIONE” IN CROAZIA DEL VISITATORE APOSTOLICO MARCONE
«Oggi, 23 giugno 1941, – annotava l’Abate Marcone nel suo diario – alle ore 13 sono stato ricevuto dal Card. Maglione. Mi ha detto che la S. Sede non può riconoscere il regno di Croazia, se non dopo la guerra per ovvie ragioni. Ciò posto, essa non può inviare a Zagabria un suo rappresentante ufficiale. Dall’altro lato gli interessi religiosi di quella nazione richiedono un rappresentante della S. Sede ufficioso, sotto il nome di Visitatore Apostolico. La scelta del candidato a questo ufficio non deve cadere su chi già appartiene alla diplomazia pontificia. Perciò il S. Padre su proposta del Cardinale aveva designato me a tale missione. Alla fine ho conchiuso che accettavo unicamente per ubbidire al S. Padre».
Il 16 aprile 1941, con l’ascesa al potere del poglavnik ustaša Ante Pavelić, veniva proclamata ufficialmente, sulle ceneri del Regno jugoslavo, l’indipendenza della Croazia con l’appoggio determinante delle forze dell’Asse che volevano garantirsi il predominio sui Balcani prima di sferrare l’attacco decisivo alla Russia bolscevica. Si realizzava, così, il sogno che il lider maximo ustaša vagheggiava da tempo: quello cioè di un grande stato croato monolitico e indipendente, sia dal punto di vista etnico che religioso, a spese dei serbi e degli ebrei. Da quel momento in poi, infatti, fu sferrata una feroce e capillare “pulizia etnica” al punto che, per sfuggire alle rappresaglie degli ustaša ormai l’unica via di salvezza sembrava quella di darsi alla fuga per cercare fortuna altrove.
Per cercare di accreditare il nuovo Stato balcanico presso le cancellerie estere, il 18 maggio successivo, Pavelić riuscì ad avere un’udienza privata – sebbene come un semplice fedele e non in qualità di Capo di Stato – con Pio XII il quale, tuttavia, di fronte alla richiesta insistente del riconoscimento ufficiale della Croazia da parte della S. Sede, fece notare che, fino ad allora nella prassi diplomatica vaticana, durante un conflitto bellico, non era mai stato riconosciuto de jure alcuno Stato.[1] Poi, quando il 7 giugno, nel più stretto riserbo, giunse in Vaticano, l’arcivescovo di Zagabria mons. Alojzije Stepinać per discutere a quattr’occhi con il pontefice della vicenda che si era delineata nel nuovo stato balcanico, il pontefice promise che presto avrebbe inviato in Croazia un suo rappresentante in veste di Visitatore Apostolico,[2] per tutelare gli interessi cattolici in quel paese.[3] In questa circostanza il Sostituto della Segreteria di Stato della S. Sede, mons. Tardini annotava:
Tuttavia, appena il Ministro jugoslavo a Roma fu messo al corrente che la S. Sede si sarebbe riservata limitata soltanto ad affidare ad un suo rappresentante una missione religiosa per il bene delle anime,[5] fin dal 2 giugno, manifestò il suo disappunto presso la Segreteria di Stato.[6] Reiterato successivamente il 22 luglio, tramite il principe Lobkowitz al Sostituto della Segretario di Stato mons. Tardini al quale espresse il desiderio che il rappresentante diplomatico della S. Sede avesse il titolo di Nunzio apostolico. Mons. Tardini anche questa volta cercò di spiegare con le stesse parole adoperate dal pontefice le ragioni che inducevano la Santa Sede ad adottare questo modus operandi. Proprio per questi motivi la scelta cadde su un ecclesiastico che non faceva parte dell’entourage diplomatico della S. Sede. Difatti, quello di “Visitatore Apostolico”, non era un titolo inserito nell’organigramma ufficiale della diplomazia vaticana.[7] Di conseguenza, né l’Osservatore Romano e né gli Acta Apostolicae Sedis menzionarono mai mons. Ramiro Marcone col titolo di legato o nunzio apostolico. Ciò nonostante il Governo ustaša, per tutto il suo periodo di permanenza a Zagabria, tratterà l’inviato del Papa come un “Delegato Apostolico” a tutti gli effetti, tanto da annoverarlo perfino fra i membri del corpo diplomatico a Zagabria.[8]
L’affidamento dell’incarico di Visitatore Apostolico (13 giugno 1941)
Fu così che, il 13 giugno, il card. Maglione suggerì a Pio XII di affidare questa missione molto delicata all’abate benedettino di Montevergine mons. Giuseppe Ramiro Marcone[9] verso il quale nutriva da tempo una profonda stima al punto che, com’è ormai noto, il 25 settembre 1939, era riuscito a persuadere il pontefice e Casa Savoia a trasferire, nel più stretto riserbo, la S. Sindone presso il Santuario verginiano – dove rimarrà fino al 29 ottobre 1946 – per metterla al riparo dai bombardamenti.[10] Il giorno successivo comunicò questa notizia al presule benedettino che, il 23 giugno successivo, si precipitò presso la Segreteria di Stato dove fu incaricato ufficialmente, dal S. Padre in persona, di recarsi nello Stato Indipendente di Croazia (Nezavisna Država Hrvatska) in qualità di emissario di Sua Santità con il titolo di “Visitatore Apostolico presso l’episcopato croato”,[11] come del resto si evince chiaramente da una nota autografa dello stesso abate in cui afferma:
In questa circostanza l’abate Marcone scelse come suo segretario il confratello del cenobio verginiano don Giuseppe Masucci che lo accompagnò nella sua missione in terra croata, come quest’ultimo scrive puntualmente nel suo diario rievocando le fasi salienti che precedettero la partenza per Zagabria:
Dopo aver ricevuto la lettera di presentazione dalla Segreteria di Stato, che giunse puntuale il 14 luglio successivo, i due monaci benedettini erano ormai pronti per la partenza. Ma ecco come ci vengono descritti i particolari di questa “missione” in una cronaca circostanziata stilata proprio dal suo segretario.
Difatti, come scriveva il cronista del monastero di Montevergine in data 17 luglio 1941:
Tuttavia, per comprendere appieno la natura effettiva di questa “missione”, bisogna risalire ad un fascicolo di 16 cartelle, stilato dal card. Maglione nel luglio del 1941, in cui forniva precise istruzioni al presule benedettino relative all’incarico che lo attendeva a Zagabria. In questo opuscolo, tra le altre cose, si sottolineava che la linea ufficiale seguita dalla S. Sede si ispirava ai seguenti principi: 1) ai nuovi Stati, sorti durante un conflitto bellico, per separazione o smembramento di Stati precedenti, non veniva accordato il riconoscimento nel corso dello svolgimento della guerra; 2) di solito, si faceva precedere al riconoscimento de jure quello de facto; 3) Inviare, in questi Stati di recente formazione, «rappresentanti senza carattere stabile e con missione strettamente religiosa, come visitatori apostolici col compito precipuo di rappresentare il pontefice presso l’episcopato ed i fedeli, informando, allo stesso tempo, minuziosamente la S. Sede in merito alla situazione religiosa del paese»; 4) il Vaticano, generalmente, in questi nuovi Stati non organizzava le circoscrizioni ecclesiastiche, se prima non avevano ottenuto il riconoscimento in ambito internazionale. Dunque, la missione di Visitatore Apostolico dell’abate di Montevergine, doveva seguire almeno tre direttrici: curare esclusivamente l’aspetto spirituale e religioso, avere una durata temporanea e, dulcis in fundo, evitare qualsiasi contatto con le autorità governative. Del resto, questo modus operandi era auspicato anche dal Nunzio a Belgrado mons. Ettore Felici come si evince da una lettera che fece pervenire al card. Maglione il 24 novembre 1940.[17]
In realtà l’entourage vaticano si decise a rompere ogni indugio e ad inviare un proprio emissario in Croazia anche dopo le pressanti richieste che provenivano dall’episcopato locale, come apprendiamo dalla lettera che, il 24 luglio 1941, l’arcivescovo di Belgrado Josip Antun Ujčić[18] – dopo il micidiale bombardamento della città avvenuto il 6 aprile di quell’anno ad opera delle forze tedesche – scrisse al Segretario di Stato Maglione per rendere edotta la S. Sede delle efferate persecuzioni effettuate dagli ustaša ai danni dei serbi ortodossi, auspicando l’invio«a Zagabria [di] qualche personaggio autorevole (anche senza attributi diplomatici) il quale, dopo aver studiata la questione sul sopraluogo, potrebbe raccomandare al Governo croato calma, moderazione, giustizia, carità».[19]
Evidentemente il prelato belgradese non era stato ancora messo al corrente della decisione presa da Pio XII di inviare in Croazia l’abate di Montevergine mons. Marcone, in qualità di Visitatore Apostolico, come annotava il sostituto per gli Affari Ecclesiastici Straordinari mons. Tardini, il 2 agosto 1941, in calce alla lettera pervenuta dall’arcivescovo Ujčić, rilevando che bisognava: «Rispondere che già è stato inviato un prelato per vedere e riferire ecc. ecc.».[20] Il suo compito, quindi, era di riferire ogni particolare alla S. Sede per metterla al corrente della situazione religiosa esistente in Croazia. D’altra parte, il Vaticano già aveva ricevuto qualche critica da parte di quegli Stati contrari all’Asse, che non esitarono a mostrare il loro disappunto persino rispetto ad alcuni atti eminentemente pastorali, compiuti dal Pontefice.
Ad ogni modo, mons. Marcone, «si sforzò di essere un elemento di equilibrio, di distensione e di pace – dichiarava il suo segretario, d. Giuseppe Masucci[21] – […]. Con tutti difese i diritti della persona umana e quelli della religione (e soprattutto nella persecuzione contro gli Ebrei) si rivelò il loro appassionato difensore. Molti ne sottrasse alla forca; molti istradò per regioni più pacifiche; molti beneficò anche materialmente».[22]
NOTE
[1] Sacra Congregatio pro causis sanctorum, Zagrebien. Beatificationis seu declarationis martyrii servi Dei Aloysii Stepinac, S.R.E. cardinalis archiepiscopi Zagrebiensis, in odium fidei, uti fertur, interfecti (+1960): Positio super Martyrio. Beatificationis et canonizationis Servi Dei Aloysii Stepinac (di seguito P.A.S.), Roma, 1996, Documenta, 449. (Informatio super martyrio, pag. 225 vol. I).
[2] P.A.S., Documenta.450. (Informatio super martyrio, pag. 225 vol. I).
[3] In realtà la citazione del cronista non risulta del tutto esaustiva, allorquando riferisce della missione dell’abate Marcone, facendolo apparire come «rappresentante della S. Sede presso il Governo e il popolo croato» (cfr. Archivio Storico di Montevergine, (di seguito A.S.M.), Cronache del monastero, vol. IV, 19-195, 24 luglio 1941); mentre, in realtà, come opportunamente annotato da qualche altro monaco, l’incarico affidatogli era di «rappresentante della S. Sede presso l’Episcopato croato».
[4] P. Blet-A. Martini-B. Schneider-R. Graham, Actes et documents du Saint-Siège relatifs à la Seconde Guerre mondiale (di seguito A.D.S.S.), vol. IV: “Le Saint Siège et la guerre en Europe juin 1940 – juin 1941”, doc. 392, Notes de Mgr Tardini, 7 juin 1941, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1973,p. 537.
Le Pape a promis a l’archevéque de Zagreb d’envoyer un représentant en Croatie. Notes de Mgr Tardini,
[5] Cfr. IVI, n. 392, Notes de Tardini, 7 juin 1941, p. 537, citato in: P.A.S., Doc. Process. XCII, 4685.
[6] Cfr. A.D.S.S., vol. IV, Le Saint Siège et la guerre en Europe (1940-1941), n. 386, La Légation de Yougoslavie à la Secrétairerie d’Etat. Note de protestation contre la nomination d’un délégué apostolique en Croatie, Rome, 2 juin 1945, p. 530. Citato in: P.A.S., Doc. Process. XCII, 4868.
[7] Cfr. J. F. Morley, Vatican diplomacy and the Jews during the holocaust: 1939-1943, Ktav, New York 1980, p. 149; S. Alexander, Church and state in Yugoslavia since 1945, Cambridge university press, Cambridge 1979, p. 21; E. Paris, Convert or Die: Catholic Persecution in Yugoslavia During World War II, Chick Publications Inc., Chino, Ontario1990, pp. 77-78
[8] P.A.S., Documenta,451s. (Informatio super martyrio, pag. 226 vol. I)
[9] Mons. Giuseppe Ramiro Marcone, O.S.B. (S. Pietro Infine – Caserta, 15 marzo 1882 – Arezzo, 10 luglio 1952), ancora adolescente entrò nell’abbazia genovese di S. Giuliano d’Albaro, ove fece la professione monastica il 30 novembre 1898. Frequentò il Collegio Internazionale di S. Anselmo sull’Aventino a Roma dove, dopo la laurea, iniziò la sua attività d’insegnamento di filosofia e storia della filosofia. Nell’estate del 1915, allo scoppio del primo conflitto bellico, proprio nell’imminenza dell’entrata in guerra dell’Italia, fu richiamato alle armi e, perciò, si vide costretto a partire per il fronte indossando il grigio–verde in qualità di allievo ufficiale dell’esercito presso il 21° Fanteria di Perugia. All’inizio, col grado di tenente–cappellano fu destinato, nella prima settimana di maggio del 1915, presso un ospedale militare della Liguria. Poco dopo, fu nominato ufficiale di amministrazione e inviato al fronte in qualità di cappellano del 3° reggimento fanteria, in prima linea, dove rimase per ben tre anni consecutivi, il 9 aprile 1918, mentre era ancora al fronte, a soli 36 anni, con apposito decreto della S. Congregazione Concistoriale, fu designato da Benedetto XV abate di Montevergine, nei pressi di Avellino, dove giunse soltanto al ritorno dal fronte, il 25 maggio 1918, quando fece, finalmente, il suo ingresso ufficiale nella Diocesi verginiana.
[10] Cfr. G. Preziosi, Quando la Sindone andò ad Avellino, in “L’Osservatore Romano”, 29 dicembre 2011, p. 4.
[11] A.S.M., Documenti relativi alla missione in Zagabria (Croazia), Lasciapassare di sua Santità Pio XII per l’abate Marcone e il suo segretario d. Giuseppe Masucci, data 29 luglio 1941, b. 549 a, fasc. 2, foglio n. 1; Passaporto diplomatico per la missione in Croazia, data 1941, b. 549 a, fasc. 2, foglio n. 2. Cfr. anche G. Masucci, Misija u Hrvatskoj. ed. by Marijan Mikac, Madrid, Editorial Drina 1967, pag. 27.
[12] A.S.M., Nota autografa dell’incontro dell’abate Marcone con il Card. Maglione, 13 giugno 1941, Diario della missione in Croazia dell’abate Marcone, 1° marzo 1941 – 28 marzo 1946, busta 549 a, fasc. 2, foglio n. 20; vedi anche ivi, Documenti dattiloscritti delle lettere riguardanti la missione in Croazia dell’abate R. Marcone relazionata dal p. Giuseppe Masucci suo segretario, luglio 1941 – luglio 1945, busta 549 a, fasc. 2, foglio n. 19.
[13] G. Masucci, Misija u Hrvatskoj…, op. cit., pag. 27.
[14] Card. Carlo Grano, Ufficiale della Curia Romana. Nacque a Roma il 14 ottobre 1887. Fu ordinato sacerdote il 14 luglio 1912. In seguito, tra il 1945 e il 1952, diventò capo del Protocollo della Segreteria di Stato. Poi, tra il 1952 e il 1958, assunse l’incarico di Sostituto della Segreteria di Stato. Il 14 dicembre 1958 fu nominato arcivescovo titolare di Tessalonica e, contemporaneamente, gli fu affidato anche l’incarico di nunzio apostolico in Italia. Nel 1967 fu nominato Ufficiale della Curia Romana e, il 26 giugno di quello stesso anno, fu creato cardinale-prete di S. Marcello. La sua avventura terrena si concluse a Roma il 2 aprile 1976 alla veneranda età di 88 anni. Le sue spoglie riposano nella sua chiesa titolare di S. Marcello.
[15] A.S.M., Documenti riguardanti don Giuseppe Masucci (segretario dell’abate Marcone nella sua missione in Croazia), b. 548, fasc. 4, Cronaca della Missione in Croazia stesa dal segretario dell’Abate Giuseppe Ramiro Marcone. Introduzione.
[16] A.S.M., Cronache del monastero di Montevergine, vol. III° (1934-1942), 17 luglio 1941.
[17] P. Blet-A. Martini-B. Schneider-R. Graham, Actes et documents du Saint-Siège relatifs à la Seconde Guerre mondiale (d’ora in poi A.D.S.S.), vol. IV: “Le Saint Siège et la guerre en Europe juin 1940 – juin 1941”, doc. 178, Nota autografa del nunzio a Belgrado mons. Ettore Felici al cardinale Maglione. Sulla situazione dei croati in Jugoslavia. Cattolicesimo e sentimento nazionale. Situazione delicata del clero e direttive preparate a sua intenzione, Belgrado 24 novembre 1940 Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1973,pp. 268-270.
[18] Josip Antun Ujčić nacque il 10 febbraio 1880 e fu consacrato arcivescovo di Belgrado il 28 novembre 1936, guidando la diocesi belgradese fino alla sua morte avvenuta il 24 marzo 1964.
[19] A.D.S.S., vol. V: Le Saint Siège et la guerre mondiale, juillet 1941 – octobre 1942, L’archevêque de Belgrade Ujcic à la Secrétairerie d’Etat , doc. 20, pagg. 104-105.
[20] A.D.S.S., vol. V: Le Saint Siège et la guerre mondiale, juillet 1941 – octobre 1942, Nota di mons. Tardini, 2 agosto 1941, doc. 20, pag. 105. Quando monsignor Tardini scrisse questa nota, l’abate Marcone era già partito per Zagabria.
Cf. infra nr. 21. Mgr UjCie en fut informé par lettre du 8 aoat 1941 (A.E.S. 6039/41).
[21] Don Giuseppe Carmelo Masucci, (1906-1964), monaco dell’abbazia di Montevergine nei pressi di Avellino dal 1919, ha studiato filosofia all’Anselmianum di Roma e nel 1932 trascorse un anno in Inghilterra per studiare diritto canonico. Nel suo convento aveva insegnato francese, inglese, teologia e diritto canonico prima di succedere, nell’ottobre del 1939, proprio all’abate Marcone alla cattedra di filosofia presso il Liceo-Ginnasio “Colletta” di Avellino su sollecitazione di quest’ultimo. Non trascorsero neanche due anni che, nel 1941, l’abate di Montevergine gli propose di affiancarlo in qualità di segretario personale nella sua delicata missione in Croazia in qualità di visitatore apostolico su incarico della S. Sede. Parlava così fluentemente la lingua croata che scrisse un dettagliato diario della missione in terra croata, successivamente stampato da “Drina” una rivista degli emigrati croati diretta nientemeno che dall’ex ustascia Vjekoslav “Maks” Luburic, comandante del sistema di campi di concentramento ustascia, tra cui il più grande passato tristemente alla storia di Jasenovac, stampata a Madrid dal 1951, col titolo eloquente G. Masucci, Misija u Hrvatskoj. op. cit. Vedi anche A.S.M., L’abate Marcone chiede al preside del Liceo – Ginnasio Colletta di Avellino di esonerarlo dall’incarico di insegnare nel suo istituto e di accettare come sostituto p. don Giuseppe Masucci – 18 ottobre 1939 –, busta 548 a, fasc. 4 foglio n. 6 – 1.e.
[22] Bollettino del Santuario, a. 1952, pp. 48 e sgg.
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