L’affaire Sacco e Vanzetti: emblema di «giustizia crocefissa»
Novantaquattro anni fa, il 23 agosto 1927, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, due emigrati italiani negli Stati Uniti e attivisti anarchici, furono “giustiziati” sulla sedia elettrica in seguito ad una condanna a morte spiccata nei loro confronti nel 1920 per l’omicidio di due uomini durante una rapina. Nel 1977, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis, riabiliterà la memoria di Sacco e Vanzetti ammettendo gli errori commessi durante il processo.
Esattamente novantaquattro anni fa gli emigrati anarchici italiani Ferdinando Nicola Sacco (Torremaggiore, 22 aprile 1891 – Charlestown, 23 agosto 1927), operaio in una fabbrica di scarpe, e Bartolomeo Vanzetti (Villafalletto, 11 giugno 1888 – Charlestown, 23 agosto 1927) venditore ambulante di pesce, nel clima antisindacale e xenofobo che serpeggiava in quel periodo negli Stati Uniti, caldeggiato dal ministro della giustizia Palmer, ingiustamente accusati di un duplice omicidio nel corso di una rapina, furono arrestati e, dopo un processo farsa, il 23 agosto 1927, condannati a morte con l’accusa di omicidio di un contabile e di una guardia del calzaturificio «Slater and Morrill» di South Braintree nella contea di Norfolk nello Stato del Massachusetts. I due anarchici italiani, infatti, dopo la guerra, erano tornati nel Massachussets ignari che il Ministero di Giustizia aveva incluso i loro nomi in una lista di sovversivi, pedinati costantemente dagli agenti segreti americani.
Ma quali furono le premesse di questo triste episodio?
Il 28 aprile 1919 era stato scoperto un complotto per portare a termine un attentato dinamitardo ai danni di alcuni personaggi che figuravano nella lista dei nemici degli anarchici, tra cui spiccavano il procuratore generale degli Stati Uniti A. Mitchell Palmer, J.P. Morgan, John D. Rockefeller, il giudice Oliver Wendell Holmes e il giudice Kenesaw Mountain Landis. Successivamente, il 2 giugno 1919 , in un altro attentato, Carlo Valdinoci (che era stato in Messico con Sacco e Vanzetti due anni prima) si è fatto esplodere davanti alla casa del procuratore generale Palmer. Si dice che Sacco e Vanzetti avessero preso parte a questo episodio tant’è che, in seguito alla veemente repressione della polizia ai danni degli anarchici, pensarono finanche di far ritorno in Italia. A farne le spese l’8 marzo 1920 sono Roberto Elia e Andrea Salsedo, due anarchici che lavoravano per la rivista “Cronaca Sovversiva”, i quali furono presi in custodia dal Dipartimento di Giustizia senza neanche un mandato d’arresto. Durante l’interrogatorio che ne seguì furono picchiati selvaggiamente finché non accettano di fornire informazioni dei loro compagni anarchici. Quindi, il 5 aprile 1920, a South Braintree, nel Massachusetts, due uomini armati di pistole sparano e uccidono Frederick Parmenter e Alessandro Berardelli, impiegati della Slater & Morrill Shoe Company. I ladri, poi, provvedono anche a prelevare dal libro paga 15,776,51 dollari che i due stavano trasportando, dopodiché si dileguarono a bordo di un’auto guidata da altri uomini, facendo perdere le proprie tracce.
Il 16 aprile 1920, il capo della polizia di Bridgewater, Michael E. Stewart, dopo un’accurata indagine, giunge alla conclusione che la rapina effettuata a South Braintree è stata opera dello stesso gruppo di italiani di cui faceva parte l’anarchico Ferruccio Coacci. Il giorno successivo, infatti, l’auto utilizzata dai banditi di South Braintree, viene scoperta a due miglia da casa Coacci e Mario Buda. Il 3 maggio Andrea Salsedo si suicida lanciandosi dalla stanza del quattordicesimo piano. A quel punto, appena Sacco e Vanzetti apprendono il giorno successivo del suicidio del loro compagno Salsedo, incominciano a spaventarsi temendo di essere coinvolti in un complotto. Perciò, d’accordo con Mario Buda e Riccardo Orciani decidono di ritrovarsi il giorno seguente presso il Garage Elm Square a West Bridgewater (dove era stata riparata la macchina di Buda) e disporre delle prove incriminanti. Il 5 maggio, dunque, Sacco e Vanzetti prendono il tram diretti a West Bridgewater per incontrarsi con i loro compagni, tuttavia appena giunsero sul luogo, con un certo stupore, trovarono il garage chiuso; così, insieme a Buda e Orciani si dirigono presso l’abitazione del proprietario, Simon Johnson, che consiglia a Buda di non prendere la macchina perché le targhe erano scadute. Nel frattempo, sua moglie – come d’accordo con Michael E. Stewart – telefona alla polizia. In un batter d’occhio Buda e Orciani si danno alla fuga a bordo della moto di quest’ultimo, mentre Sacco e Vanzetti si precipitano a prendere il tram far ritorno a casa. Alle 22 in punto, mentre il tram stava per entrare a Brockton, un poliziotto piomba sui due anarchici italiani e li arresta. In seguito alla perquisizione scopre che entrambi erano armati: Vanzetti aveva le cartucce per il fucile a pompa, il che fece subito ipotizzare alle autorità che proprio lui era il bandito del “fucile a pompa” di Bridgewater.
Sacco e Vanzetti, nel timore di essere incriminati per un delitto che non avevano commesso, all’inizio mentono sia alla polizia che al procuratore distrettuale sulla loro fede politica, sulle armi trovate in loro possesso e sul vero motivo per cui si trovavano a Bridgewater, negando perfino di conoscere Coacci e Buda. Di conseguenza, l’11 giugno, Vanzetti – nonostante non abbia precedenti penali – viene incriminato per il rapimento di Bridgewater e, dopo un rapido processo, condannato alla pena massima dai 12 ai 15 anni dal giudice Thayer. L’11 settembre Sacco e Vanzetti sono incriminati per gli omicidi di South Braintree. Il 31 maggio 1921 Inizia il processo a Dedham, nel Massachusetts. Il 9 giugno, i testimoni oculari Carrigan, Bostock e Wade dichiarano che non erano in grado di identificare nessuno dei banditi che avevano visto sul luogo del crimine. La signorina Splaine, una contabile, testimonia di aver visto Sacco uscire dall’auto mentre attraversava i binari della ferrovia. Tuttavia nel controinterrogatorio, Splaine nega di aver pronunciato questa affermazione nel corso dell’udienza preliminare, anzi sottolineando di dubitare sulla possibilità di poter identificare Sacco, sebbene la sua affermazione fosse stata messa a verbale. Il 14 luglio 1921, alle 19:30 in punto, la giuria pronuncia il verdetto: Sacco e Vanzetti sono entrambi giudicati colpevoli di omicidio in primo grado. Dopo la richiesta della riapertura del processo, il 1° ottobre 1924, giunse la decisione del giudice Thayer che negò tutte le mozioni presentate per un nuovo processo. Il 26 maggio 1926 viene presentata una mozione per un nuovo processo basato sulla confessione di Madeiros che, il 23 ottobre successivo, tuttavia, Il giudice Thayer non accolse esprimendo un giudizio negativo .
Sacco e Vanzetti finirono per essere il classico agnello sacrificale della “politica del terrore” contro i “rossi comunisti” che a quel tempo era attuata con particolare ferocia soprattutto se si trattava anche di immigrati. Entrambi, infatti, erano seguaci dell’anarchico di origine italiane Luigi Galleani. Entrambi facevano parte del collettivo anarchico italo-americano in lotta contro il razzismo. A nulla valse la confessione del detenuto portoghese, il gangster Celestino Madeiros che li scagionava ammettendo apertamente di aver partecipato al colpo e che dichiarò di non averli mai visti. Il giudice della Corte Suprema del Massachusetts Webster Thayer, non esitò ad insabbiare queste prove decisive a loro favore, definendoli senza tante circonlocuzioni due bastardi anarchici. La sentenza fu eseguita nella prigione federale di Charlestown il 23 agosto 1927.
Perfino Mussolini, appena fu messo al corrente della piega che stava prendendo il processo, un mese prima dell’esecuzione, fece pervenire una lettera all’ambasciatore statunitense a RomaHenry Fletcher con la quale lo esortava ad interporre i suoi buoni uffici press il Governatore del MassachusettsAlvan T. Fuller, per cercare di impedire l’esecuzione e scongiurare, così, il triste epilogo a cui, purtroppo, si stava avviando il dibattimento. Ma tutto si revelò vano perchè il Governatore, dopo aver istituito un’apposita commissione incaricata di riesaminare la vicenda dei due anarchici italiani, alla fine si rifiutò di pronunciare un atto di clemenza, avallando le motivazioni della sentenza di condanna.
La parzialità della giuria, infatti, subito aveva attirato critiche da più parti tant’è che un cronista del Boston Globe, Frank Sibley, che aveva seguito fin dall’inizio il processo, scrisse una lettera di protesta al procuratore generale del Massachusetts condannando la parzialità di Thayer.
Successivamente, i compagni Galleanisti per vendicarsi dell’ingiustizia perpetrata ai danni dei dei due anarchici italiani, piazzarono delle bombe nelle residenze di coloro che avevano partecipato a quel processo, tra cui spiccavano un giurato che aveva prestato servizio nel processo di Dedham, un testimone dell’accusa, il boia ufficiale, Robert G. Elliott e lo stesso Giudice Thayer. Il 27 settembre 1932, una bomba piena di dinamite distrusse la casa di Thayer a Worcester, nel Massachusetts. Thayer, tuttavia rimase illeso, ma sua moglie e una governante furono entrambe ferite.
Ma, per fortuna, come si dice, il tempo è galantuomo e così, a ben cinquant’anni di distanza, il 23 agosto 1977, ci penserà il governatore dello Stato del Massachusetts, Michael Dukakis, a riabilitare definitivamente la loro memoria, riconoscendo senza mezzi termini gli errori marchiani commessi più o meno inconsapevolmente, nel corso del processo che si celebrò presso la Corte Superiore di Dedham nel District Attorney della Contea di Norfolk.
Prima del pronunciamento della sentenza i due imputati furono invitati dal giudice ad esprimere una loro dichiarazione. Dopo il breve intervento di Sacco, prese la parola Vanzetti che, viceversa, di fronte alla domanda di rito «Bartolomeo Vanzetti, avete qualcosa da dire perché la sentenza di morte non sia pronunciata contro di voi?», si cimentò in una appassionata e vibrante arringa che riportiamo integralmente qui di seguito.
Sí. Quel che ho da dire è che sono innocente, non soltanto del delitto di Braintree, ma anche di quello di Bridgewater. Che non soltanto sono innocente di questi due delitti, ma che in tutta lamia vita non ho mai rubato né ucciso né versato una goccia di sangue. Questo è ciò che voglio dire.
E non è tutto. Non soltanto sono innocente di questi due delitti, non soltanto in tutta la mia vita non ho rubato né ucciso né versato una goccia di sangue, ma ho combattuto anzi tutta la vita, da quando ho avuto l’età della ragione, per eliminare il delitto dalla terra.
Queste due braccia sanno molto bene che non avevo bisogno di andare in mezzo alla strada a uccidere un uomo, per avere del denaro. Sono in grado di vivere, con le mie due braccia, e di vivere bene. Anzi, potrei vivere anche senza lavorare, senza mettere il mio braccio al servizio degli altri.
Ho avuto molte possibilità di rendermi indipendente e di vivere una vita che di solito si pensa sia migliore che non guadagnarsi il pane col sudore della fronte.
Mio padre in Italia è in buone condizioni economiche. Potevo tornare in Italia ed egli mi avrebbe sempre accolto con gioia, a braccia aperte. Anche se fossi tornato senza un centesimo in tasca, mio padre avrebbe potuto occuparmi nella sua proprietà, non a faticare ma a commerciare, o a sovraintendere alla terra che possiede. Egli mi ha scritto molte lettere in questo senso, ed altre me ne hanno scritte i parenti, lettere che sono in grado di produrre.
Certo, potrebbe essere una vanteria. Mio padre e i miei parenti potrebbero vantarsi e dire cose che possono anche non essere credute. Si può anche pensare che essi sono poveri in canna, quando io affermo che avevano i mezzi per darmi una posizione qualora mi fossi deciso a fermarmi, a farmi una famiglia, a cominciare una esistenza tranquilla. Certo. Ma c’è gente che in questo stesso tribunale poteva testimoniare che ciò che io ho detto e ciò che mio padre e i miei parenti mi hanno scritto non è una menzogna, che realmente essi hanno la possibilità di darmi una posizione quando io lo desideri.
Vorrei giungere perciò ad un’altra conclusione, ed è questa: non soltanto non è stata provata la mia partecipazione alla rapina di Bridgewater, non soltanto non è stata provata la mia partecipazione alla rapina ed agli omicidi di Braintree né è stato provato che io abbia mai rubato né ucciso né versato una goccia di sangue in tutta la mia vita; non soltanto ho lottato strenuamente contro ogni delitto, ma ho rifiutato io stesso i beni e le glorie della vita, i vantaggi di una buona posizione, perché considero ingiusto lo sfruttamento dell’uomo. Ho rifiutato di mettermi negli affari perché comprendo che essi sono una speculazione ai danni degli altri: non credo che questo sia giusto e perciò mi rifiuto di farlo.
Vorrei dire, dunque, che non soltanto sono innocente di tutte le accuse che mi sono state mosse, non soltanto non ho mai commesso un delitto nella mia vita — degli errori forse, ma non dei delitti — non soltanto ho combattuto tutta la vita per eliminare i delitti, i crimini che la legge ufficiale e la morale ufficiale condannano, ma anche il delitto che la morale ufficiale e la legge ufficiale ammettono e santificano: lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. E se c’è una ragione per cui io sono qui imputato, se c’è una ragione per cui potete condannarmi in pochi minuti, ebbene, la ragione è questa e nessun’altra.
Chiedo scusa. I giornali hanno riferito le parole di un galantuomo, il migliore che i miei occhi abbiano visto da quando sono nato: un uomo la cui memoria durerà e si estenderà, sempre. più vicina e più cara al popolo, nel cuore stesso del popolo, almeno fino a quando durerà l’ammirazione per la bontà e per lo spirito di sacrificio. Parlo di Eugenio Debs. Nemmeno un cane — egli ha detto — nemmeno un cane che ammazza i polli avrebbe trovato una giuria americana disposta a condannarlo sulla base delle prove che sono state prodotte contro di noi. Quell’uomo non era con me a Plymouth né con Sacco a Boston, il giorno del delitto. Voi potete sostenere che è arbitrario ciò che noi stiamo affermando, che egli era onesto e riversava sugli altri la sua onestà, che egli era incapace di fare il male e riteneva ogni uomo incapace di fare il male.
Certo, può essere verosimile ma non lo è, poteva essere verosimile ma non lo era: quell’uomo aveva una effettiva esperienza di tribunali, di carceri e di giurie. Proprio perché rivendicava al mondo un po’ di progresso, egli fu perseguitato e diffamato dall’infanzia alla vecchiaia, e in effetti è morto non lontano dal carcere.
Egli sapeva che siamo innocenti, come lo sanno tutti gli uomini di coscienza, non soltanto in questo ma in tutti i paesi del mondo: gli uomini che hanno messo a nostra disposizione una notevolesomma di denaro a tempo di record sono tuttora al nostro fianco, il fiore degli uomini d’Europa, i migliori scrittori, i piú grandi pensatori d’Europa hanno manifestato in nostro favore. I popoli delle nazioni straniere hanno manifestato in nostro favore.
È possibile che soltanto alcuni membri della giuria, soltanto due o tre uomini che condannerebbero la loro madre, se facesse comodo ai loro egoistici interessi o alla fortuna del loro mondo; èpossibile che abbiano il diritto di emettere una condanna che il mondo, tutto il mondo, giudica una ingiustizia, una condanna che io so essere una ingiustizia? Se c’è qualcuno che può sapere se essa è giusta o ingiusta, siamo io e Nicola Sacco. Lei ci vede, giudice Thayer: sono sette anni che siamo chiusi in carcere. Ciò che abbiamo sofferto, in questi sette anni, nessuna lingua umana può dirlo, eppure — lei lo vede — davanti a lei non tremo — lei lo vede — la guardo dritto negli occhi, non arrossisco, non cambio colore, non mi vergogno e non ho paura.
Eugenio Debs diceva che nemmeno un cane — qualcosa di paragonabile a noi — nemmeno un cane che ammazza i polli poteva essere giudicato colpevole da una giuria americana con le prove che sono state prodotte contro di noi. Io dico che nemmeno a un cane rognoso la Corte Suprema del Massachusetts avrebbe respinto due volte l’appello — nemmeno a un cane rognoso.
Si è concesso un nuovo processo a Madeiros perché il giudice o aveva dimenticato o aveva omesso di ricordare alla giuria che l’imputato deve essere considerato innocente fino al momento incui la sua colpevolezza non è provata in tribunale, o qualcosa del genere. Eppure, quell’uomo ha confessato. Quell’uomo era processato e ha confessato, ma la Corte gli concede un altro processo.
Noi abbiamo dimostrato che non poteva esistere un altro giudice sulla faccia della terra più ingiusto e crudele di quanto lei, giudice Thayer, sia stato con noi. Lo abbiamo dimostrato. Eppure ci si rifiuta ancora un nuovo processo. Noi sappiamo che lei nel profondo del suo cuore riconosce di esserci stato contro fin dall’inizio, prima ancora di vederci. Prima ancora di vederci lei sapeva che eravamo dei radicali, dei cani rognosi. Sappiamo che lei si è rivelato ostile e ha parlato di noi esprimendo il suo disprezzo con tutti i suoi amici, in treno, al Club dell’Università di Boston, al Club del Golf di Worcester, nel Massachusetts. Sono sicuro che se coloro che sanno tutto ciò che lei ha detto contro di noi avessero il coraggio civile di venire a testimoniare, forse Vostro Onore — e mi dispiace dirlo perché lei è un vecchio e anche mio padre è un vecchio come lei — forse Vostro Onore siederebbeaccanto a noi, e questa volta con piena giustizia.
Quando ha emesso la sentenza contro di me al processo di Plymouth, lei ha detto — per quanto mi è dato ricordare in buona fede — che i delitti sono in accordo con le mie convinzioni — o qualcosa del genere — ma ha tolto un capo d’imputazione, se ricordo esattamente, alla giuria. La giuria era cosí prevenuta contro di me che mi avrebbe giudicato colpevole di tutte e due le imputazioni, per il solo fatto che erano soltanto due. Ma mi avrebbe giudicato colpevole di una dozzina di capi d’accusa anche contro le istruzioni di Vostro Onore. Naturalmente, io ricordo che lei disse che non c’era alcuna ragione di ritenere che io avessi avuto l’intenzione di uccidere qualcuno, anche se ero un bandito, facendo cadere cosi l’imputazione di tentato omicidio. Bene, sarei stato giudicato colpevole anche di questo? Se sono onesto debbo riconoscere che fu lei a togliere di mezzo quell’accusa, giudicandomi soltanto per tentato furto con armi, o qualcosa di simile. Ma lei, giudice Thayer, mi ha dato per quel tentato furto una pena maggiore di quella comminata a tutti i 448 carcerati di Charlestown che hanno attentato alla proprietà, che hanno rubato; eppure nessuno di loro aveva una sentenza di solo tentato furto come quella che lei mi aveva dato.
Se fosse possibile formare una commissione che si recasse sul posto, si potrebbe controllare se è vero o no. A Charlestown ci sono ladri di professione che sono stati in metà delle galere degli Stati Uniti, gente che ha rubato o che ha ferito un uomo sparandogli. E solo per caso costui si è salvato, non è morto. Bene, la maggior parte di costoro, colpevoli senza discussione, per autoconfessione o per chiamata di correo dei complici, ha ottenuto da 8 a 10, da 8 a 12, da 10 a 15. Nessuno di loro è stato condannato da 12 a 15 anni come lo sono stato io da lei, per tentato furto. E per di più lei sapeva che non ero colpevole. Lei sa che la mia vita, la mia vita pubblica e privata in Plymouth, dove ho vissuto a lungo, era cosí esemplare che uno dei piú grandi timori del pubblico ministero Katzmann era proprio questo che giungessero in tribunale le prove della nostra vita e della nostracondotta. Egli le ha tenute fuori con tutte le sue forze, e c’è riuscito.
Lei sa che se al primo processo, a Plymouth, avessi avuto a difendermi l’avvocato Thompson, la giuria non mi avrebbe giudicato colpevole. Il mio primo avvocato era un complice di mister Katzmann, e lo è ancora. Il mio primo avvocato difensore, mister Vahey, non mi ha difeso: mi ha venduto per trenta monete d’oro come Giuda vendette Gesú Cristo. Se quell’uomo non è arrivato a dire a lei o a mister Katzmann che mi sapeva colpevole, ciò è avvenuto soltanto perché sapeva che ero innocente. Quell’uomo ha fatto tutto ciò che indirettamente poteva danneggiarmi. Ha fatto alla giuria un lungo discorso intorno a ciò che non aveva alcuna importanza, e sui nodi essenziali delprocesso è passato sopra con poche parole o in assoluto silenzio. Tutto questo era premeditato, per dare alla giuria la sensazione che il mio difensore non aveva niente di valido da dire, non avevaniente di valido da addurre a mia difesa, e perciò si aggirava nelle parole di vacui discorsi che non significavano nulla e lasciava passare i punti essenziali o in silenzio o con una assai debole resistenza.
Siamo stati processati in un periodo che è già passato alla storia. Intendo, con questo, un tempo dominato dall’isterismo, dal risentimento e dall’odio contro il popolo delle nostre origini, contro gli stranieri, contro i radicali, e mi sembra — anzi, sono sicuro — che tanto lei che mister Katzmann abbiate fatto tutto ciò che era in vostro potere per eccitare le passioni dei giurati, i pregiudizi dei giurati contro di noi.
Io ricordo che mister Katzmann ha presentato un teste d’accusa, un certo Ricci. Io ho ascoltato quel testimone. Sembrava che non avesse niente da dire. Sembrava sciocco produrre un testimone che non aveva niente da dire. Sembrava sciocco, se era stato chiamato solo per dire alla giuria che era il capo di quell’operaio che era presente sul luogo del delitto e che chiedeva di testimoniare a nostro favore, sostenendo che noi non eravamo tra i banditi. Quell’uomo, il testimone Ricci, ha dichiarato di aver trattenuto l’operaio al lavoro, invece di mandarlo a vedere che cosa era accaduto, dando cosí l’impressione che l’altro non avesse potuto vedere ciò che accadeva nella strada. Ma questo non era molto importante. Davvero importante è che quell’uomo ha sostenuto che era falsa la testimonianza del ragazzo che riforniva d’acqua la sua squadra d’operai. Il ragazzo aveva dichiarato d’aver preso un secchio e di essersi recato ad una certa fontana ad attingere acqua per la squadra.
Non era vero — ha sostenuto il testimone Ricci — e perciò il ragazzo non poteva aver visto i banditi e non era in grado quindi di provare che né io né Sacco fossimo tra gli assassini. Secondo lui, non poteva essere vero che il ragazzo fosse andato a quella fontana perché si sapeva che i tedeschi ne avevano avvelenato l’acqua. Ora, nella cronaca del mondo di quel tempo non è mai stato riferito un episodio del genere. Niente di simile è avvenuto in America: abbiamo letto di numerose atrocità compiute in Europa dai tedeschi durante la guerra, ma nessuno può provare né sostenere che i tedeschi erano tanto feroci da avvelenare una fontana in questa regione, durante la guerra.
Tutto questo sembrerebbe non aver nulla a che fare con noi, direttamente. Sembra essere un elemento casuale capitato tra gli altri che rappresentano invece la sostanza del caso. Ma la giuria ciaveva odiati fin dal primo momento perché eravamo contro la guerra. La giuria non si rendeva conto che c’è della differenza tra un uomo che è contro la guerra perché ritiene che la guerra sia ingiusta, perché non odia alcun popolo, perché è un cosmopolita, e un uomo invece che è contro la guerra perché è in favore dei nemici, e che perciò si comporta da spia, e commette dei reati nel paese in cui vive allo scopo di favorire i paesi nemici. Noi non siamo uomini di questo genere. Katzmann lo sa molto bene. Katzmann sa che siamo contro la guerra perché non crediamo negli scopi per cui si proclama che la guerra va fatta. Noi crediamo che la guerra sia ingiusta e ne siamo sempre più convinti dopo dieci anni che scontiamo — giorno per giorno — le conseguenze e i risultati dell’ultimo conflitto. Noi siamo più convinti di prima che la guerra sia ingiusta, e siamo contro di essa ancor più di prima. Io sarei contento di essere condannato al patibolo, se potessi dire all’umanità: «State in guardia. Tutto ciò che vi hanno detto, tutto ciò che vi hanno promesso era una menzogna, era un’illusione, era un inganno, era una frode, era un delitto. Vi hanno promesso la libertà. Dov’è la libertà?
Vi hanno promesso la prosperità. Dov’è la prosperità? Dal giorno in cui sono entrato a Charlestown, sfortunatamente la popolazione del carcere è raddoppiata di numero. Dov’è l’elevazione morale che la guerra avrebbe dato al mondo? Dov’è il progresso spirituale che avremmo raggiunto in seguito alla guerra? Dov’è la sicurezza di vita, la sicurezza delle cose che possediamo per le nostre necessità? Dov’è il rispetto per la vita umana? Dove sono il rispetto e l’ammirazione per la dignità e la bontà della natura umana? Mai come oggi, prima della guerra, si sono avuti tanti delitti, tanta corruzione, tanta degenerazione.
Se ricordo bene, durante il processo, Katzmann ha affermato davanti alla giuria che un certo Coacci ha portato in Italia il denaro che, secondo la teoria della pubblica accusa, io e Sacco avremmo rubato a Braintree. Non abbiamo mai rubato quel denaro. Ma Katzmann, quando ha fatto questa affermazione davanti alla giuria, sapeva bene che non era vero. Sappiamo già che quell’uomo è stato deportato in Italia, dopo il nostro arresto, dalla polizia federale. Io ricordo bene che il poliziotto federale che lo accompagnava aveva preso i suoi bauli, prima della traduzione, e li aveva esaminati a fondo senza trovarvi una sola moneta.
Ora, io dico che è un assassinio sostenere davanti alla giuria che un amico o un compagno o un congiunto o un conoscente dell’imputato o dell’indiziato ha portato il denaro in Italia, quando si sa che non è vero. Io non posso definire questo gesto altro che un assassinio, un assassinio a sangue freddo.
Ma Katzmann ha detto anche qualcos’altro contro di noi che non è vero. Se io comprendo bene, c’è stato un accordo, durante il processo, con il quale la difesa si era impegnata a non presentare prove della mia buona condotta in Plymouth, e l’accusa non avrebbe informato la giuria che io ero già stato processato e condannato in precedenza, a Plymouth. A me pare che questo fosse un accordo unilaterale. Infatti, al tempo del processo di Dedham, anche i pali telegrafici sapevano che io ero stato processato e condannato a Plymouth: i giurati lo sapevano anche quando dormivano. Per contro, la giuria non aveva mai veduto né Sacco né me, e io penso che sia giusto dubitare che nessun membro della giuria avesse mai avvicinato prima del processo qualcuno che fosse in grado di dargli una descrizione sufficientemente precisa della nostra condotta. La giuria non sapeva niente, dunque, di noi due. Non ci aveva mai veduto. Ciò che sapeva erano le cattiverie pubblicate dai giornali quando fummo arrestati e il resoconto del processo di Plymouth.
Io non so per quale ragione la difesa avesse concluso un simile accordo, ma so molto bene perché lo aveva concluso Katzmann: perché sapeva che metà della popolazione di Plymouth sarebbe stata disposta a venire in tribunale per dire che in sette anni vissuti in quella città non ero mai stato visto ubriaco, che ero conosciuto come il piú forte e costante lavoratore della comunità. Mi definivano «il mulo», e coloro che conoscevano meglio le condizioni di mio padre e la mia situazione di scapolo si meravigliavano e mi dicevano: «Ma perché lei lavora come un pazzo, se non ha né figli né moglie di cui preoccuparsi?».
Katzmann poteva dunque dirsi soddisfatto di quell’accordo. Poteva ringraziare il suo Dio e stimarsi un uomo fortunato. Eppure, egli non era soddisfatto. Infranse la parola data e disse alla giuria che io ero già stato processato in tribunale. Io non so se ne è rimasta traccia nel verbale, se è stato omesso oppure no, ma io l’ho udito con le mie orecchie. Quando due o tre donne di Plymouth vennero a testimoniare, appena la prima di esse raggiunse il posto ove è seduto oggi quel gentiluomo — la giuria era già al suo posto — Katzmann chiese loro se non avesse già testimoniato in precedenza per Vanzetti. E alla loro risposta affermativa replicò: «Voi non potete testimoniare». Esse lasciarono l’aula. Dopo di che testimoniarono ugualmente. Ma nel frattempo egli disse alla giuriache io ero già stato processato in precedenza. È con questi metodi scorretti che egli ha distrutto la mia vita e mi ha rovinato.
Si è anche detto che la difesa avrebbe frapposto ogni ostacolo pur di ritardare la prosecuzione del caso. Non è vero, e sostenerlo è oltraggioso. Se pensiamo che l’accusa, lo Stato, hanno impiegato un anno intero per l’istruttoria, ciò significa che uno dei cinque anni di durata del caso è stato preso dall’accusa solo per iniziare il processo, il nostro primo processo. Allora la difesa fece ricorso a lei, giudice Thayer, e lei aspettò a rispondere; eppure io sono convinto che aveva già deciso: fin dal momento in cui il processo era finito, lei aveva già in cuore la risoluzione di respingere tuttigli appelli che le avremmo rivolti. Lei aspettò un mese o un mese e mezzo, giusto per render nota la sua decisione alla vigilia di Natale, proprio la sera di Natale. Noi non crediamo nella favola della notte di Natale, né dal punto di vista storico né da quello religioso. Lei sa bene che parecchie persone del nostro popolo ci credono ancora, ma se noi non ci crediamo ciò non significa che non siamo umani. Noi siamo uomini, e il Natale è dolce al cuore di ogni uomo. Io penso che lei abbia reso nota la sua decisione la sera di Natale per avvelenare il cuore delle nostre famiglie e dei nostri cari. Mi dispiace dir questo, ma ogni cosa detta da parte sua ha confermato il mio sospetto fino a che il sospetto è diventato certezza.
Per presentare un nuovo appello, in quel periodo, la difesa non prese piú tempo di quanto ne avesse preso lei per rispondere. Ora non ricordo se fu in occasione del secondo o del terzo ricorso, lei aspettò undici mesi o un anno prima di risponderci; e io sono sicuro che aveva già deciso di rifiutarci un nuovo processo prima ancora di consultare l’inizio dell’appello. Lei prese un anno, perdarci questa risposta, o undici mesi. Cosicché appare chiaro che, alla fine, dei cinque anni, due se li prese lo Stato: uno trascorse dal nostro arresto al processo, l’altro in attesa di una risposta al secondo a al terzo appello.
Posso anzi dire che, se vi sono stati ritardi, essi sono stati provocati dall’accusa e non dalla difesa. Sono sicuro che se qualcuno prendesse una penna in mano e calcolasse il tempo preso dall’accusa per istruire il processo e il tempo preso dalla difesa per tutelare gli interessi di noi due, scoprirebbe che l’accusa ha preso piú tempo della difesa. C’è qualcosa che bisogna prendere in considerazione a questo punto, ed è il fatto che il mio primo avvocato ci tradí. Tutto il popolo americano era contro di noi. E noi abbiamo avuto la sfortuna di prendere un secondo legale in California: venuto qui, gli è stato dato l’ostracismo da voi e da tutte le autorità, perfino dalla giuria. Nessun luogo del Massachusetts era rimasto immune da ciò che io chiamo il pregiudizio, il che significa credere che il proprio popolo sia il migliore del mondo e che non ve ne sia un’altro degno di stargli alla pari.
Di conseguenza, l’uomo venuto dalla California nel Massachusetts a difendere noi due, doveva essere divorato, se era possibile. E lo fu. E noi abbiamo avuto la nostra parte.
Ciò che desidero dire è questo: il compito della difesa è stato terribile. Il mio primo avvocato non aveva voluto difenderci. Non aveva raccolto testimonianze né prove a nostro favore. I verbali del tribunale di Plymouth erano una pietà. Mi è stato detto che piú di metà erano stati smarriti. Cosicché la difesa aveva un tremendo lavoro da fare, per raccogliere prove e testimonianze, per apprendere quel che i testimoni dello Stato avevano sostenuto e controbatterli. E considerando tutto questo, si può affermare che se anche la difesa avesse preso doppio tempo dello Stato, ritardando cosí il caso, ciò sarebbe stato piú che ragionevole. Invece, purtroppo, la difesa ha preso meno tempodello Stato.
Ho già detto che non soltanto non sono colpevole di questi due delitti, ma non ho mai commesso un delitto in vita mia non ho mai rubato, non ho mai ucciso, non ho mai versato una goccia disangue, e ho lottato contro il delitto, ho lottato sacrificando anche me stesso per eliminare i delitti che la legge e la chiesa ammettono e santificano.
Questo è ciò che volevo dire. Non augurerei a un cane o a un serpente, alla piú miserevole e sfortunata creatura della terra, ciò che ho avuto a soffrire per colpe che non ho commesso. Ma la mia convinzione è un’altra: che ho sofferto per colpe che ho effettivamente commesso. Sto soffrendo perché sono un radicale, e in effetti io sono un radicale; ho sofferto perché sono un italiano, e in effetti io sono un italiano; ho sofferto di piú per la mia famiglia e per i miei cari che per me stesso; ma sono tanto convinto di essere nel giusto che se voi aveste il potere di ammazzarmi due volte, e per due volte io potessi rinascere, vivrei di nuovo per fare esattamente ciò che ho fatto finora.
Tutti i diritti riservati. Tutti i contenuti pubblicati in questo articolo sono protetti da copyright e non possono, né in tutto né in parte, in qualsiasi forma o tramite qualsiasi mezzo, essere utilizzati, modificati, copiati, pubblicati o riprodotti senza il consenso scritto dell’Autore e la citazione della fonte.