L’aiuto “silenzioso” del Vaticano: il caso Trombadori
In un appunto del 29 febbraio 1944 la Segreteria di Stato della Santa Sede esortava il superiore salvatoriano Padre Pancrazio Pfeiffer ad interporre i suoi buoni uffici a beneficio del giovane comandante dei Gap romani, tratto in arresto dai nazisti il 2 febbraio precedente.
Il celebre poeta, scrittore giornalista e critico d’arte, all’epoca dei fatti che qui narreremo capo dei gappisti romani, Antonello Trombadori (Roma, 10 giugno 1917 – Roma, 19 gennaio 1993), dopo aver allacciato i primi contatti con gli ambienti artistici e letterari che propugnavano una rottura con gli schemi del “Novecento italiano”, già nel 1941, era stato tratto in arresto con l’accusa di cospirazione antifascista, insieme ad altri studenti e operai per aver organizzato moti all’Università di Roma contro la guerra insieme ad altri venti studenti, tra i quali Paolo Bufalini e Antonio Giolitti. In quel periodo, infatti, diede vita ad un gruppo clandestino che si proponeva di organizzare la fronda al regime fascista all’interno delle riviste con le quali collaborava quali “La Ruota”, “Primato”, “Città”, “Corrente”, “Cinema” e perfino nelle organizzazioni come i Guf di cui faceva parte.
Per questo motivo viene arrestato e deferito al Tribunale Speciale che, poco dopo, gli infligge la condanna al confino e, nonostante la volontà di Mussolini di proscioglierlo con un atto di clemenza da ogni accusa nel caso in cui si fosse pentito pubblicamente dell’atto di cui si era reso responsabile, Trombadori oppose un deciso diniego e di conseguenza fu confinato a Carsoli, una piccola località abruzzese della provincia dell’Aquila.
Tuttavia, subito dopo la defenestrazione di Mussolini ad opera del Gran Consiglio del Fascismo nella famigerata notte del 25 luglio 1943, Trombadori fece ritorno nella capitale dando vita alla formazione “Gli Arditi del Popolo” insieme ad altri compagni, tra cui Mario Fiorentini, Fernando Norma, Antonio Cicalini e Lucia Ottobrini. Quindi, all’indomani della stipulazione dell’armistizio, seguito dall’ignominiosa fuga dei Savoia, prese parte alla difesa della Capitale contro l’occupazione tedesca nei pressi di Porta San Paolo, tentando strenuamente di rifornire di armi la resistenza capeggiata da Luigi Longo.
Durante l’occupazione tedesca della città costituisce i GAP-Gruppi di Azione Patriottica, una formazione partigiana incaricata di effettuare attentati e sabotaggi contro il nemico e, insieme ad Alfio Marchini, dei gruppi di azione partigiana, diviene comandante dei Gap Centrali romani.
Arrestato il 2 febbraio 1944 dalle SS nell’appartamento di via Giulia, Trombadori è imprigionato prima a Via Tasso e poi trasferito nel braccio tedesco di Regina Coeli. La mattina del 24 marzo di quello stesso anno quando i nazisti improvvisamente fecero irruzione nel carcere per prelevare i detenuti che nel pomeriggio sarebbero stati barbaramente trucidati alle Fosse Ardeatine, riuscì a salvarsi fortunosamente grazie al medico socialista del penitenziario romano Alfredo Monaco che, il giorno prima, l’aveva ricoverato in infermeria, a causa di una forte febbre. Difatti quando giunsero i nazisti non lo trovarono nella sua cella proprio a causa di questo provvidenziale malanno che gli consentì di far salva la vita.
Successivamente fu inviato al lavoro forzato sul fronte di Anzio dove però riuscì a svignarsela, riprendendo l’attività clandestina fino al giorno della Liberazione di Roma, il 4 giugno 1944. Proprio in merito alla vicenda che riguardò Antonello Trombadori, nell’archivio del superiore generale della Società del Divin Salvatore, padre Pancrazio Pfeiffer, chi scrive alcuni anni or sono ha rinvenuto un appunto della Segreteria di Stato della Santa Sede, datato 29 febbraio 1944, che esortava il superiore salvatoriano ad interporre i suoi buoni uffici a beneficio del giovane comandante dei Gap romani che era stato tratto in arresto dai nazisti il 2 febbraio precedente (Cfr. A.G.S., Fondo P. Pankratius Pfeiffer, Occupatio germanica, coll. 27, Epistularum commercium cum laicis, Trombadori Antonello 29.II.1944, pp. 26-27).
P. Pancrazio (al secolo Markus) Pfeiffer (Brunnen, 18 ottobre 1872 – Roma, 12 maggio 1945).
Del resto, come si evince chiaramente in queste carte conservate premurosamente nell’archivio di quest’ordine religioso, finanche Pio XII intervenne in aiuto di molti capi della Resistenza senza distinzione di religione o di colore politico, tanto è vero che debiti di riconoscenza ebbero verso il pontefice anche Bruno Buozzi, Giacomo Mattei, Leone Ginzburg, Enzo Malatesta, Gianfranco Mastei, il gen. dei carabinieri Angelo Oddone, Mario Sbardella, Carlo Scalara, Stefano Siglienti e per l’appunto anche il capo dei G.A.P. di Roma, Antonello Trombadori.
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