Le ultime settimane di vita di Anne e Margot Frank nella dichiarazione rilasciata da Lien Brilleslijper.
Le ultime settimane di vita di Anne e Margot Frank nella dichiarazione rilasciata da Lien Brilleslijper.
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Il mese di febbraio segna la morte di ANNE FRANK E MARGOT FRANK e quest’anno saranno trascorsi 75 anni. E’ nostro impegno ricordarle ogni singolo giorno. Ricordare ogni singolo giorno tutte le vittime della Shoah.
Ancora oggi Il Diario di Anne Frank è uno dei 10 libri più letto a livello mondiale.
Anne Frank era una ragazzina normale; speciale è il modo in cui ha affrontato la sua vita. La privazione della libertà, la costrizione nel doversi nascondere nell’Alloggio Segreto ad Amsterdam solo perché ebrea, la paura della guerra, il terrore di essere scoperta. Il bisogno di correre per le strade, la voglia di tornare a scuola. Il sogno di vedere la pace.
Anne non ha mai visto la pace ed è stata deportata in vari campi di sterminio. Fino alla fine però ha continuato a credere nell’intima bontà dell’uomo, a porsi domande sulle ingiustizie che la circondavano, ad emozionarsi. A riempire il suo cuore di speranza. A riempire il nostro cuore di speranza. E questa speranza è stata poi alimentata e proseguita negli anni dal padre Otto Frank, unico reduce della famiglia. Gli ideali di Anne Frank sono fonte di forza e coraggio per persone in tutto il mondo.
Ricordare Anne Frank, simbolo dei bambini della Shoah, non è solo un modo per portare giustizia a tutte le vittime del dramma della Shoah e a chi ancora oggi vive al limite della società, emarginato e discriminato. E’ anche una possibilità che abbiamo per riflettere sul nostro passato e sul nostro presente. Per volere e potere dire basta a ogni forma d’indifferenza. Per amare la vita, follemente.
Anne e Margot, non vi dimenticheremo mai. Grazie di cuore per tutti i vostri insegnamenti, per noi tutti fondamentali.
Poi, passando davanti a delle baracche, andammo tutte e quattro verso il piazzale dell’appello. Lì vedemmo alcuni tendoni che sembravano tende da circo. Ce ne assegnarono uno e ci sdraiammo sulla paglia. Ci stringemmo una all’altra sotto le coperte. I primi giorni trascorsero tranquilli, dormivamo molto. Poi cominciò a piovere. Non riuscivamo a riscaldarci neanche sotto le coperte. Per di più avevamo i pidocchi.
Poi ci mandarono a lavorare. Dovevamo staccare le suole delle scarpe vecchie. In cambio ci davano un po’ di minestra e un pezzetto di pane. Ben presto le nostre mani cominciarono a sanguinare e a infettarsi. Anne e io fummo le prime a dover smettere. Jannie e Margot resistettero più a lungo.
Dopo qualche giorno scoppiarono violente tempeste invernali. Le tende non ressero e crollarono. Ci furono dei feriti. Ci spinsero dentro un capannone dove erano stati sistemati stracci, vecchie scarpe e altro. Anne chiese: “Perché vogliono farci vivere come bestie?” Jannie rispose: “Perché sono loro stessi bestie feroci”.
Un giorno di dicembre ci dettero un pezzettino di formaggio e un po’ di marmellata. Le SS e le sorveglianti si ritirarono a fare festa. Era Natale. Con Margot e Anne, le sorelle Daniel e noi due eravamo dunque tre coppie di sorelle. Quella sera volevamo celebrare a modo nostro San Nicola, Chanukkà e Natale. Jannie aveva conosciuto alcune ungheresi che lavoravano nella cucina delle SS. Grazie a loro ricevemmo due manciate di bucce di patate. Anne riuscì a grattugiare un pezzo di sedano. Le sorelle Daniel trovarono un po’ di rape rosse. Io cantai e ballai per alcune sorveglianti e mi diedero un gruppetto di crauti. Avevamo messo da parte il nostro pane e con tutte quelle cose insieme facemmo delle piccole sorprese per gli altri. Arrostimmo le bucce di patate e intonammo dei canti olandesi e yiddish. Pensammo a quello che avremmo fatto una volta tornate a casa. “Faremo una festa, un pranzo da Dikker & Thys”, uno dei ristoranti più cari di Amsterdam, propose Anne. Per un attimo fummo quasi felici.
Poi Jannie ed io fummo assegnate a un’altra baracca. Chiedemmo ad Anne e Margot di venire con noi. Ma Margot aveva una terribile diarrea e dovette restare nella vecchia baracca per il rischio di tifo. Anne la curò come meglio poteva. Nelle settimane successive andammo a trovarle e ogni tanto riuscivamo a portar loro qualcosa da mangiare.
Doveva essere marzo, tornammo a vederle quando la neve era ormai sciolta. Ma non erano più nella baracca. Le trovammo nell’infermeria del campo. Le scongiurammo di non restare lì, perché se si cedeva, la fine si faceva sempre più vicina. Anne disse: “Qui possiamo stare tutte e due su un unico tavolaccio, stiamo insieme e nessuno ci disturba”. Margot riusciva appena a sussurrare. Aveva la febbre alta. Il giorno dopo andammo di nuovo a trovarle. Margot era caduta dal tavolaccio e viveva in uno stato di semi-incoscienza. Anche Anne aveva la febbre, era gentile e affettuosa. Disse: “Margot dormirà bene e se dorme non ho più bisogno di alzarmi”.
Alcun giorni dopo trovammo il tavolaccio vuoto. Sapevamo cosa significava. Le scoprimmo dietro la baracca. Avvolgemmo i loro corpi smagriti in una coperta e li trasportammo in una fossa comune. Fu tutto ciò che ancora potemmo fare per loro”. (Lien Brilleslijper)
Insieme alla sorella Jannie, Lien fu deportata prima nel campo di concentramento di Auschwitz e successivamente a Bergen – Belsen, dove fu liberata dalle truppe inglesi. Sia lei sa la sorella Jannie, al contrario di Anne e Margot, sopravvissero alla Shoah.
Nota: Fonti dell’approfondimento: I FRANK – La storia della famiglia di Anna Frank, di Mirjam Pressler. Einaudi.
© Federica Pannocchia, 2018
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