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OPERAZIONE RATLINES

Il ruolo svolto da mons. Alois Hudal e da padre Krunoslav S. Draganović tratteggiato nei dossiers dell’intelligence statunitense. e tra le carte del vescovo austriaco.

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In questo articolo presentiamo un breve stralcio tratto dal volume “Il rifugio segreto dei gerarchi: Storia e documenti delle reti per l’espatrio clandestino dei fascisti” (CreateSpace Independent Publishing Platform; 23 febbraio 2017, pp. 343), riguardante il paragrafo relativo al ruolo svolto da mons. Alois Hudal e da padre Krunoslav S. Draganović tratteggiato nei dossiers dell’intelligence statunitense nell’esfiltrazione di alcuni ufficiali croati ustascia e del Terzo Reich che fuggivano in Brasile o in Uruguay quando, ormai, le sorti del conflitto avevano preso una piega decisamente negativa per le forze dell’Asse.

Padre Krunoslav Stjepan Draganović (Brčko, 30 ottobre 1903 – Sarajevo, 3 giugno 1983)

Come si evince anche da alcuni studi recenti e da svariati documenti della C.I.A. da qualche anno desegretati e messi a disposizione degli studiosi sembra che, in qualche circostanza, sia il vescovo austriaco filonazista Alois Hudal – vero deus ex machina di quella che fu definita in codice la via dei conventi – sia il sacerdote croato padre Krunoslav Stjepan Draganović, fornirono il loro aiuto per agevolare la fuga di alcuni personaggi di spicco nazisti e ustascia.[1] Mons. Alois Hudal, nacque nella città austriaca di Graz il 31 maggio 1885. Terminati i suoi studi a Roma presso il Pontificio Istituto Biblico, nel 1919 ottenne l’abilitazione ad insegnare nell’Università di Graz come professore di Antico Testamento e Lingue orientali. Quindi, nel 1923, si trasferì a Roma divenendo rettore del Pontificio Collegio Teutonico di Santa Maria dell’Anima, di cui l’allora card. Eugenio Pacelli era il Protettore. In seguito, in virtù dei buoni uffici di quest’ultimo, divenne finanche consultore del S. Uffizio, funzione che esercitò dal 1929 fino alla sua morte. Alcuni anni dopo, per la precisione nel giugno del 1933, dopo l’ascesa al soglio pontificio del card. Eugenio Pacelli col nome di Pio XII, fu elevato proprio da quest’ultimo al rango di vescovo titolare di Ela. Inoltre, merita di essere sottolineato il ruolo determinante che mons. Hudal svolse nell’aprile del 1933, in occasione dei negoziati con Franz von Papen, il vice-cancelliere di Hitler, nella cornice dei lavori preparatori per la stipulazione dei concordati tra la Santa Sede e i governi austriaco e tedesco.

Mons. Alois Hudal (Graz, 31 maggio 1885 – Roma, 13 maggio 1963)

Il Pontificio Collegio Teutonico di S. Maria dell’Anima, uno dei tre seminari per preti tedeschi a Roma, nel dopoguerra divenne un centro nevralgico per l’espatrio clandestino dei nazisti fino al 1947 allorché, in un dettagliato rapporto stilato dall’agente Vincent La Vista del Counter Intelligence Corps, il controspionaggio americano, per il Dipartimento di Stato americano, fu adombrato il coinvolgimento del prelato austriaco in questa vicenda che, naturalmente, sollevò subito un enorme vespaio di polemiche al punto da costringerlo, suo malgrado, a rassegnare le dimissioni dalla carica di rettore che aveva ricoperto fino a quel momento.[2]

Tuttavia ci vollero quasi quattro anni per nominare il suo sostituto, a cui fu affidata la direzione del Collegio di S. Maria dell’Anima. Mons. Hudal, infatti, rimase a Roma fino alla sua morte, che sopraggiunse il 13 maggio 1963 nella clinica “Villa Stuart” a Grottaferrata.[3]

L’opera di salvataggio messa in atto da mons. Hudal a beneficio dei vari gerarchi nazisti finiti inevitabilmente nell’occhio del ciclone a causa dei loro misfatti, si può far risalire approssimativamente al 1944, allorché l’ineffabile presule austriaco aveva fondato l’Österreich Komitee col preciso intento di venire incontro alle esigenze dei tanti poveri austriaci che allora risiedevano a Roma. Inoltre, nell’immediato dopoguerra fu incaricato di dirigere perfino il Comitato austriaco della Pontificia Commissione di Assistenza per i rifugiati (Österreichische Abteilung), prodigandosi – spesso, a dire il vero, con fin troppo zelo – per soccorrere tutti i rifugiati di lingua tedesca, soprattutto quelli che si trovavano nei campi di Fraschette.

Difatti, il 23 agosto 1944, col pretesto di svolgere azioni caritative a beneficio dei detenuti, era stato inviato in visita alle decine di migliaia di prigionieri di guerra e internati civili di lingua tedesca che allora gremivano i vari campi italiani (P.O.W.) per portare «un’assistenza religiosa».[4]

Di conseguenza, il 2 dicembre successivo, dopo aver ottenuto l’investitura ufficiale da parte della S. Sede di direttore del Comitato che si occupava dei tedeschi detenuti in Italia, il presule austriaco ebbe carta bianca per poter visitare indisturbato i prigionieri di guerra per portare una parola di conforto e, allo stesso tempo, approfittando della situazione favorevole, fornire loro anche dei documenti falsi di copertura, in modo tale da metterli nelle condizioni di poter lasciare l’Italia e rifarsi una nuova vita altrove. Del resto, bisogna osservare che ad alimentare questo trend contribuì in modo rilevante anche il clima politico postbellico che non lasciava presagire nulla di buono per tutti coloro i quali erano legati a filo doppio col decaduto regime fascista.[5]

Cia Files Archives su Padre Krunoslav Draganovic

Come è emerso dalla ricerca promossa alcuni anni or sono dalla Comisión para el Esclarecimiento de las Actividades del Nazismo en la Argentina (CEANA) risulta che il numero complessivo – accuratamente censito – dei criminali di guerra nazisti e dei loro sodali fascisti sbarcati sul continente sud americano ammontava a 180 unità.[6] Difatti, come ha fatto osservare Federica Bertagna, una persistente tradizione pubblicistica vede infatti l’Argentina e buona parte delle Americhe letteralmente invase da almeno trenta, se non sessanta mila nazisti in fuga. La tesi nasce dalla confusione tra piani distinti. Innanzitutto, mescola iscritti al partito nazista (o membri di movimenti collaborazionisti), criminali di guerra ed emigranti provenienti dall’Europa centro-orientale dopo il 1945. Le partenze da quest’area sconvolta dal conflitto sono state consistenti, sebbene inferiori alle cifre appena ricordate, però non tutti coloro che varcarono l’oceano appartenevano ad organizzazioni naziste e tra gli esuli i responsabili di crimini di guerra erano pochissimi.[7]

Difatti le stime effettuate dallo studioso dell’America Latina Holger M. Meding hanno fatto registrare appena trenta o quarantamila tedeschi che si trasferirono in Argentina, tra i quali viene ipotizzato che ci potessero essere tra i 300 e gli 800 nazisti, equivalenti, dunque, soltanto all’1-2% del totale, tra i quali si annoveravano 50 criminali di guerra tra i quali spiccavano Fridolin Guth –ex membro della polizia politica tedesca in Francia –, Gerhard Bohne – il famigerato capo del Dipartimento preposto all’attuazione del programma di eutanasia Aktion T4, che decretò la soppressione sistematica di oltre 70.000 persone di persone con disabilità fisiche e mentali –, Eduard Roschmann – passato tristemente alla storia come il macellaio di Riga – ed il tenente colonnello Friedrich Josef Rauch, responsabile della sicurezza personale del Führer, in seguito accusato di essere coinvolto nella cessione dell’oro nazista.[8]

Anche alti funzionari nazisti beneficiarono dell’aiuto dell’arcivescovo austriaco e tra questi anche il famigerato comandante dei campi di sterminio di Sobibor e Treblinka Franz Stangl il quale, dopo aver tentato di mettersi in salvo fuggendo dalla Germania invasa, fu catturato dall’esercito americano e rinchiuso in un campo di prigionia in Austria, vicino Glasenbach. Nel 1947 fu consegnato al Governo austriaco per essere processato per il suo ruolo nel programma eutanasia e nei campi di sterminio. Tuttavia, grazie alla rete Odessa, il 30 maggio 1948, riuscì a fuggire dal carcere di Linz e far perdere le sue tracce. Aveva sentito che a Roma c’era un vescovo che aiutava i nazisti a trovare un rifugio sicuro così, appena mise piede nella capitale, mentre girovagava per trovare questa persona, incontrò un ufficiale dei servizi segreti delle SS anch’egli in cerca del prelato austriaco il quale gli indicò una canonica nelle vicinanze dove si diressero insieme. Dopo un po’ come, del resto, dichiarò egli stesso: «Il vescovo venne nella stanza dove stavo aspettando, mi tese entrambe le mani e disse: “tu devi essere Franz Stangl. Ti stavo aspettando!”». Da quel momento in poi lo sistemò presso il Germanicum, in via della Pace 20, fornendogli finanche un po’ di denaro e un lavoro all’interno della biblioteca del collegio in attesa di un posto libero su una nave. Appena la Croce Rossa ultimò le pratiche per il rilascio del suo documento di viaggio, Hudal consegnò il passaporto a Stangl sul quale l’astuto prelato austriaco aveva deliberatamente chiesto all’ufficio di cambiare l’ordine dei due nomi di battesimo del famigerato gerarca nazista trasformandolo in Paul Franz Stangl. Inoltre il vescovo Hudal fornì a Stangl anche un visto per la Siria e un lavoro in un cotonificio. Così, grazie al suo aiuto, nel 1948 raggiunse Damasco dove, a distanza di un anno, fu raggiunto anche dalla moglie e le loro tre figlie prima di approdare in Brasile, sbarcando a Santos l’8 agosto 1951[9]. Al consolato austriaco di San Paolo, il fuggitivo, pur essendo un criminale ricercato in tutto il mondo, si registrò con il suo nome originale e, dal 1954, iniziò a vivere legalmente nel paese senza cambiare identità, trovando lavoro come meccanico in una fabbrica della Volkswagen.

Documento della Croce Rossa consegnato dal vescovo Hudal a Franz Paul Stangl

Difatti, nel corso dell’intervista che rilasciò a Gitta Sereny, Stangl dichiarò che proprio mons. Hudal gli aveva procurato:

un alloggio a Roma, dove avrei dovuto stare fino a quando non fossero arrivati i miei documenti. E poi mi diede un altro po’ di denaro; non mi restava quasi nulla. Dopo un po’ di settimane mi chiamò [Hudal] e mi diede il mio nuovo passaporto, un passaporto della Croce Rossa […]. Mi ottenne un visto d’entrata in Siria, un posto in una fabbrica di tessuti a Damasco, e mi diede un biglietto per la nave. E così andai in Siria.

G. Sereny, In quelle tenebre, Adelphi, Milano, 1975, pp. 390-395

Stangl fu arrestato la notte del 28 febbraio 1967 in un’operazione del DOPS – un’agenzia d’intelligence della polizia –  comandata da José Paulo Bonchristiano, delegato del Dipartimento dell’Ordine Politico e Sociale della polizia politica di São Paulo informata del luogo in cui si trovava il criminale internazionale da Simon Wiesenthal, il celebre “cacciatore di nazisti”[10]. Poco dopo fu estradato.

Secondo una testimonianza rilasciata da Bonchristiano nel 2013 le informazioni su Stangl

provenivano da quell’ebreo che viveva a Vienna, (Simon) Wiesenthal che ci ha informato. Così ci siamo alzati e siamo andati alla Volkswagen, abbiamo accostato l’auto e la loro gente si è incazzata e ha detto: “Conoscete la nostra gente più di noi”. Il ragazzo è rimasto con noi e ha detto: “È una buona cosa che io sia stato consegnato alla polizia di San Paolo, se fossi consegnato agli ebrei sarei perduto”[11].

Fatta eccezione per quest’ultimo, tutti gli altri sono giunti in Argentina, tra il 1948 e il 1950, a bordo di una nave proveniente da Genova, grazie ad un passaporto rilasciato dalla Croce Rossa Internazionale[12]. Secondo fonti ufficiali, tra il 1946 e il 1955 approdarono in Argentina circa 66.000 persone di origini tedesche[13]. Tuttavia, bisogna anche considerare che l’approssimazione di questi dati scaturisce dal fatto che, in molti casi, i membri delle SS sono entrati nel paese latino-americano sotto mentite spoglie e perfino con una falsa nazionalità. Molti, infatti, che giungevano sul territorio argentino non mostrarono la loro vera identità, considerato che in molti casi il nome, la loro origine e la nazionalità erano stati preventivamente falsificati.

Tra le numerose carte custodite nell’archivio privato di mons. Hudal, tra le altre, spicca anche una copia del manifesto dell’International Association of Foreign Refugees in Italy, un’organizzazione d’ispirazione cattolica presieduta dall’avvocato romeno Eusebio Micol, sorta nel marzo del 1948 a Roma in via dei Sabini al civico 7, che fin dalla sua nascita aveva come scopo quello di tutelare «le centinaia di migliaia di profughi stranieri che si trovano in Italia»[14].

Difatti, in una lettera scritta da mons. Alois Hudal al presidente Juan Perón il 31 agosto 1948, in cui il presule austriaco chiedeva ben 5.000 visti per “soldati” tedeschi e austriaci, sottolineando che erano profughi ma combattenti anticomunisti che avevano salvato l’Europa dal dominio sovietico con i “sacrifici” che avevano fatto durante la guerra. Questa lettera fu scritta proprio in un momento in cui l’agente speciale di Perón, Carlos Fuldner, stava concludendo la sua missione per agevolare la fuga dei nazisti in Italia, dopo aver ottenuto il sostegno di altri collaboratori tra cui il famigerato prete croato Krunoslav Draganovic, che si stava già occupando attivamente del salvataggio di importanti criminali di guerra ustascia.

Tuttavia, se da un lato si riscontrano questi particolari inquietanti, che nell’immediato dopoguerra agevolarono l’occultamento prima e poi la fuga dei più famigerati gerarchi nazisti verso l’America Latina, proprio recentemente è emerso che nel registro degli ospiti del 1942, il controverso arcivescovo austriaco, annotava che – proprio quell’anno – erano stati nascosti nel collegio di Santa Maria dell’Anima: «ebrei, antifascisti, antinazisti, un soldato italiano e due ufficiali inglesi scappati dal carcere», che vennero protetti e nascosti per l’appunto nei locali sottostanti la chiesa di via dell’Anima.

Documento falsificato rilasciato dalla Croce Rossa Internazionale ad Eichmann

In perfetta sinergia con altre istituzioni internazionali quali l’International Refugees Organization (IRO), l’American Joint Distribution Committee e la Pontificia Commissione di Assistenza, ed invitava tutte le persone interessate a una riunione che si doveva tenere il successivo 2 maggio presso la sala Borromini in piazza della Chiesa Nuova. Dalle carte custodite nell’archivio del Collegio di S. Maria dell’Anima si evince, inoltre, che mons. Hudal per i tedeschi e il sacerdote croato Krunoslav Draganović per gli ex ustaša in quel periodo si preoccuparono di preparare varie lettere di presentazione a beneficio di tutti coloro che ricorrevano al loro provvidenziale aiuto per procurarsi i passaporti della Croce Rossa, facendo leva anche sulla loro fitta rete di conoscenze nell’ambito consolare e diplomatico dei paesi sudamericani per sollecitare i necessari visti[15].

In effetti, a quanto pare fu proprio mons. Hudal a fornire a padre Draganovic le necessarie presentazioni alla Croce Rossa Internazionale e ad altri «funzionari che, in cambio di una tangente, avrebbero potuto spianare la strada al fuggitivo». Da alcuni documenti trovati in possesso di Schwend nel 1972, egli riferisce che

la maggior parte del denaro che il vescovo Hudal aveva ricevuto era, messo a sua disposizione da un finanziere di nome Friederich “Freddy” Merser, socio di Friederich Schwend nell’Operation Bernard. Il denaro proveniva dal tesoro che Schwend aveva ammassato in conti svizzeri… tramite il cambio di sterline false in valuta forte.

Cfr. Farago. 011. cit .. n. I. p 2(ll

Tra il 1945 ed il 1946, quando Schwend stava svolgendo questo ruolo cruciale nell’allestimento delle Ratline, stava lavorando per l’intelligence americana. Difatti i documenti americani rivelano che dopo essere passato nelle mani del 44° distaccamento CIC, fu utilizzato come informatore dalle agenzie di intelligence americane in Austria, nel Tirolo austriaco e a Merano, nel nord Italia.

Si presume che per questo lavoro – si legge in un Report stilato il 24 luglio 1952 da una fonte dell’intelligence americana -, il Soggetto [ovvero P. Krunoslav Draganović] abbia ricevuto un ingente compenso da (Monsignor) Alois HUDAL e da un sacerdote protestante non identificato. Va tenuto presente, tuttavia, che il Soggetto non si interessava di affari che non riguardassero Ustashi e nazisti e che non gli procurassero un particolare vantaggio finanziario[16].

Nel capoluogo genovese risiedeva un altro prete croato, don Carlo Petranovic che, tra l’altro, troviamo citato nelle carte di mons. Hudal come rappresentante dell’Auxilium. Don Carlo Petranovic proteggeva i croati, mentre Mahler manteneva contatti anche con il parroco di Sant’Antonio a Genova-Pegli di origini ungheresi Edoardo Dömöter che, di concerto con lo stesso Petranovic e Draganovic svolgevano un’intensa attività di contrabbando di “rifugiati” con l’aiuto di Hudal, provvedendo ad inviare i loro “protetti” in America Latina, in particolare Argentina, Bolivia[17] e Brasile[18].

Come sottolinea acutamente Matteo Sanfilippo

Le Carte Hudal ci offrono un’ampia panoramica di ciò che stava accadendo a Roma in quegli anni. Inoltre, confermano l’importanza del legame genovese e ci mostrano quanto padre Draganovic fosse profondamente coinvolto nella rete del traffico di esseri umani216. I Documenti Hudal mostrano Draganovic che partecipa alle riunioni dei comitati romani con la Conferenza Nazionale Cattolica Americana per il Welfare, che si occupa dei rifugiati a Genova, della corrispondenza con gli immigrati in Argentina, del contrabbando di “anticomunisti” tedeschi in America Latina[19].

Tuttavia l’Argentina, il Venezuela e la Colombia non furono le sole mete preferite delle persone che si rivolsero a lui per coronare questa loro aspirazione. Scorrendo, infatti, questa fitta corrispondenza si scopre che furono inoltrate anche domande di visti o di aiuti per la Bolivia, il Brasile, il Cile, la Costa Rica, il Messico, il Paraguay, il Perù e l’Uruguay[20].

Del resto le simpatie filonaziste dell’arcivescovo austriaco non erano passate di certo inosservate negli ambienti vaticani, come sottolinea acutamente Padre Pierre Blet in un circostanziato articolo pubblicato il 29 aprile 1998 su L’Osservatore Romano:

Ovviamente non possiamo escludere l’ingenuità di qualche chierico romano che potrebbe aver usato la sua posizione per facilitare la fuga di un nazista. Le simpatie del vescovo Hudal, rettore della chiesa nazionale tedesca a Roma, per il Grande Reich sono ben note; ma su questi motivi immaginare che il Vaticano abbia organizzato una fuga su larga scala dei nazisti in America Latina significherebbe attribuire la carità eroica al clero romano, come i piani nazisti per la Chiesa e la Santa Sede erano ben noti a Roma[21].

Tra coloro che in seguito espressero la loro gratitudine a mons. Hudal bisogna annoverare Hans-Ulrich Rudel, l’”eroe” dell’aviazione tedesca, il quale nel dopoguerra strinse amicizia con Perón e il dittatore paraguaiano Alfredo Stroessner, e il benefattore segreto di Josef Mengele in Argentina. Come scrisse lo stesso Rudel, fu proprio grazie all’arcivescovo austriaco che allora “Roma è diventata un rifugio e una salvezza per molte persone che sono state perseguitate dopo la ‘liberazione’”.

Del resto lo stesso Hudal, in seguito, ammise apertamente il ruolo che aveva svolto nell’esfiltrazione di alcuni ufficiali nazisti affermando nel suo libro “Römische Tagebücher” (“Diari romani”), quanto segue:

Ringrazio Dio che mi ha aperto gli occhi e mi ha permesso di visitare e confortare molte vittime del dopoguerra nelle loro prigioni e campi di concentramento e [di aiutarle] a fuggire con documenti di identità falsi

Ma ringrazio il Signore Dio che mi ha aperto gli occhi e mi ha anche fatto il dono immeritato di visitare e confortare molte vittime del dopoguerra nelle segrete e nei campi di concentramento e di rapirne un bel po’ con documenti d’identità falsi ai loro aguzzini fuggendo in paesi più felici. Tutte queste esperienze alla fine mi hanno spinto a dedicare tutto il mio lavoro di beneficenza dopo il 1945 principalmente agli ex membri del nazismo e del fascismo, in particolare i cosiddetti “criminali di guerra”[22].


Note

[1] Cfr. in merito il dossier del Counter Intelligence Corps (C.I.C.) su mons. Giovanni Battista Montini contenuto in: N.A.R.A., “Montini Giovanni”, file n. XE204085, Box n. 444, Deposito di documenti investigativi dell’esercito americano, Inscom Dossier, oggetto: “Giovanni Montini”, nota del 30 luglio 1946. Cfr. al riguardo anche M. Aarons e J. Loftus, Ratlines,  cit., pp. 67, 94, 125 e sgg.; Cfr. anche il saggio di M. Sanfilippo, Los Papeles de Hudal como fuente para la historia de la migración de Alemanes y Nazis después de la segunda guerra mundial, cit., pp. 185-210. Inoltre su questo argomento vedi anche M.G. Pace, La via dei demoni. La fuga in Sudamerica dei criminali nazisti: segreti, complicità, silenzi,op.cit.; U. Goñi, Operazione Odessa. La fuga dei gerarchi nazisti verso l’Argentina di Perón, cit., pp. 263 e sgg.;Storia illustrata, supplemento al n. 186 del 1973, intitolato La caccia ai criminali nazisti. Decisamente contrario a questa interpretazone della “leggenda nera”, che vedeva la Chiesa cattolica in primo piano nel sistema di copertura e protezione dei criminali di guerra nazisti in fuga – senza escludere, però, “iniziative a titolo personale” di alcuni religiosi – si è mostrato recentemente Pierluigi Guiducci nel suo volume Oltre la leggenda nera. Il Vaticano e la fuga dei criminali nazisti, Ugo Mursia Editore, Milano 2015.

[2] Difatti, già dal 24 gennaio 1952, mons. Hudal era stato messo in guardia dall’arcivescovo di Salisburgo Andreas Rohracher, il quale aveva comunicato al rettore del collegio “Germanico” che la S. Sede, ormai, lo riteneva troppo compromesso e perciò aveva deciso di rimuoverlo.

[3] La vicenda relativa all’allestimento delle ratlines da parte del vescovo austriaco mons. Alois Hudal e del prete filo-ustascia Krunoslav Stjepan Draganović sono fin troppo note per richiedere un’ulteriore riflessione, pertanto per un maggiore approfondimento si consiglia di consultare la seguente bibliografia: M. Sanfilippo, Los Papeles de Hudal como fuente para la historia de la migración de Alemanes y Nazis después de la segunda guerra mundial, in “Estudios Migratorios Latinoamericanos”, 1999, Vol. 14, n. 43, pp. 185-210 (Ib., Comisión para el Esclarecimiento de las Actividades del Nazismo en la Argentina, d’ora in poi C.E.A.N.A., Final Report, 1999), il quale ha utilizzato le carte del vescovo austriaco conservate nell’archivio del Pontificio Collegio Teutonico di Santa Maria dell’Anima di Roma. La Comisión para el Esclarecimiento de las Actividades del Nazismo en la Argentina è sorta nel 1997 ed i risultati delle ricerche effettuate, presentati in due Progress Reports ed un Final Report, adesso si possono consultare anche on-line al seguente indirizzo: http://www.ceana.org.ar. U. Goñi, Operazione Odessa. La fuga dei gerarchi nazisti verso l’Argentina di Perón,Garzanti, Milano 2003; S. Olivastri, Il Vaticano e la seconda guerra mondiale: il caso del Vescovo austriaco Alois Hudal,in “settimanale cattolico”, anno XXV, n. 30, 31 agosto 2003, p. 12; Simón Wiesenthal, The Murderers among us, Heinemann, Londra 1967; W. Brockdorff [Alfred Jarschel], Flucht vor Nürnberg. Plane und Organisation der Fluchtwege der NS-Priminenz in “Römischen Weg”, Welsermüuhl Verlag, Munich 1969; G. Sereny, In quelle tenebre, 1974, Adelphi, Milano 1994; L. Farago, Aftermath. Martin Bormann and the Fourth Reich, Pan, Londra 1976, pp. 210-212; H.M. Meding, Flucht vor Nürnberg? Deutsche und Oesterreichen Einwanderung in Argentinien 1945-1955, Böhlau, Colonia 1992; J. Camarasa, Organizzazione Odessa. Dossier sui nazisti rifugiati in Argentina,Mursia, Milano 1998,p. 11; Mark Aarons e John Loftus, Ratlines, Newton Compton, Roma 1993; id., Unholy Trinity. The Vatican, the Nazis and the Swiss Banks, St. Martin’s Griffin, Nueva York 1998, pp. 25-47.

[4] A.D.S.S., voll. X: “Le Saint-Siège et les victimes de la guerre (Janvier 1944 – Juillet 1945), Mgr. Hudal au pape Pie XII sur l’assistance religieuse aux Allemands internés par les Alliés en Italie, 9 octobre 1944, Libreria Editrice Vaticana, 1980, n. 344, pp. 435-436. Ivi, Notes de Mgr. Montini. Organisation de l’assistance aux prisonniers et internés allemands en Italie, 1er novembre 1944, n. 380, pp. 463-464.

[5] F. Bertagna – M. Sanfilippo, Per una prospettiva comparata dell’emigrazione nazifascista dopo la seconda guerra mondiale, in “Studi Emigrazione/Migration Studies”, XLI, n. 155, 2004, p. 528.

[6] C. Jackish – D. Mastromauro, Identificación de criminales de guerra llegados a la Argentina según fuentes locale, in “Ciclos”, n. 19, 2000, pp. 217-235.

[7] F. Bertagna – M. Sanfilippo, Per una prospettiva comparata dell’emigrazione nazifascista dopo la seconda guerra mondiale, cit., p. 532.

[8] H. M. Meding, Refugio seguro. La emigración alemana de la posguerra al Río de la Plata, in Beatriz Gurevich – Carlos Escudé (comp.), El genocidio ante la historia y la naturaleza humana, Buenos Aires, Grupo Editor Latinoamericano, 1992, pp. 249-261. Cfr. anche G. Steinacher, Argentina, país de huida de los nacionalsocialistas?, University of Nebraska – Lincoln, Faculty Publications, Department of History. Paper 134, p. 240; Id., Nazis on the Run: How Hitler’s Henchmen Fled Justice, Oxford University Press, 2012, pp. 5-10.

[9] Archivio DOPS, Allegato 2, Relazione del fascicolo Stangl.

[10] Parte di queste informazioni sono ricavate dagli archivi del DOPS.

[11] GODOY, Marcelo. “Il DOPS sapeva della presenza di Mengele in Brasile. José Paulo Bonchristiano, ex capo della Divisione dell’Ordine Politico del DOPS-SP, parla con l'”Estado”. In: O Estado de S. Paulo, 4/5/2013). <http:// politica.estadao.com.br/noticias/geral,o-dops-sabia- Da-Mengele-Presenza-in-Brasile,1028459>.

[12] Gerhard Bohne (Braunschweig, 1° luglio 1902 – 8 luglio 1981) giunse in Argentina, proveniente da Genova, il 29 gennaio 1949 a bordo del primo transatlantico italiano ad attraversare l’Atlantico Meridionale denominato Anna C. Subito si presentò il 4 aprile 1949 alla Polizia Federale con la richiesta di una carta d’identità mostrando un passaporto rilasciato dalla Croce Rossa Internazionale il 23 agosto 1948 n. 83.465, approvato dal console argentino a Genova il 7 gennaio 1949. C. Jackish – M. Nascimbene, Cuantificación de criminales de guerra según fuentes argentinas,Informe final CEANA, 1998, pp. 38-39.

[13] Holger M. Meding, La ruta de los nazis en tiempos de Perón, Buenos Aires 2000, p. 195.

[14] Archivio Collegio S. Maria dell’Anima (d’ora in poi A.C.S.M.), Carte Hudal, scatola 27, fasc. aprile 1948 e fasc. maggio 1948. Vedi anche M. Sanfilippo, Per una storia dei profughi stranieri e dei campi di accoglienza e di reclusione nell’Italia del secondo dopoguerra, in “Studi Emigrazione”, XLIII, n. 164, 2006, pp. 835-836.

[15] Cfr. U. Goñi, Operazione Odessa. La fuga dei gerarchi nazisti verso l’Argentina di Perón,cit., pp. 264-266, 405-407 e passim.

[16] The CIA Files, . cfr. anche cfr. Tom Bower, Klaus Barbie: Butcher of Lyons, London: Granada. 1984, n. 9, p. 179.

(San Isidro) Friedolin Gath a Draganovic, chiede aiuto perché Draganovic, evidentemente, inviò una lettera a Hudal, HP 24, luglio 1949.

[17] 26-4-1952, Draganovic a Hudal, HP 45.

[18] 31-5-1951, famiglia Göller a Draganovic, chiede il passaporto per Carlos Göller, nato a Wünzburg (29-11-1910) per recarsi in Brasile (HP 45).

[19] M. Sanfilippo, Los papeles de Hudal como fuente para la historia de la migracion de Alemanes y Nazis despues de la Segunda Guerra Mundial [The Hudal papers as a source for the history of migration of Germans and Nazis after World War II], in “Estudios Migratorios Latinoamericanos”, Vol. 14, N. 43, 1999, pagg. 185-210.

[20] Il 23 luglio 1948, Hellmuth Schönherr, un altro che era stato per tre anni prigioniero di guerra, asserì che era in possesso di un passaporto rilasciato dalla Croce Rossa e voleva emigrare in Argentina o Paraguay cfr. Ivi, 27 luglio 1948. Il 7 dicembre 1949, Joseph Braasch scrisse a mons. Hudal da Aquisgrana per raccomandare tre ingegneri, senza tuttavia citare i loro nomi, che volevano emigrare in Argentina o in Brasile cfr. Ivi, 25 febbraio 1950. Questi particolari sono riportati in M. Sanfilippo, Los Papeles de Hudal como fuente para la historia de la migración de Alemanes y Nazis después de la segunda guerra mundial, cit., p. 11.

[21] P. Blet, SJ, Myth vs. Historical Fact, in “L’Osservatore Romano” (ediz. inglese), n. 17 del 29 aprile 1998. Questo articolo fu originariamente pubblicato in italiano nel numero del 21 marzo de “La Civiltà Cattolica”.

[22] A. Hudal, Römische Tagebücher. Lebensberichte eines alten Bischofs, Leopold Stocker, Graz-Stuttgart 1976, p. 21.

© Giovanni Preziosi, 2024

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