Quando Cunardo salvò una famiglia ebrea ricercata dai nazifascisti
A distanza di 74 anni sono tornati nel luogo della loro salvezza per ricevere la cittadinanza onoraria quei due fratellini ebrei, Lea e Daniele Nissim, rispettivamente di 4 anni e di un mese, che all’epoca insieme al padre appena trentacinquenne, il Rabbino capo della comunità ebraica di Padova Paolo Nissim, la madre Ada Levi, nonna Gemma Levi e zia quindicenne Anna, ferocemente braccati dai nazifascisti solo perché erano ebrei.La tragedia della Shoah è qualcosa che è ancora dentro ognuno di noi – hanno dichiarato ancora visibilmente commossi Daniele e Lea –. Oggi però siamo contenti di poter raccontare la nostra testimonianza e non possiamo che ringraziare Calogero Marrone, Anna Sala, chi ci ha ospitato per 18 mesi e la comunità di Cunardo ai quali dobbiamo le nostre vite.Daniele e Lea erano originari di Padova e, tra il 1943 e il 1945, riuscirono a sfuggire alla cattura ed ai campi di concentramento, trovando rifugio nell’abitazione di una famiglia di Cunardo, un piccolo paese del varesotto adagiato tra le valli prealpine, grazie ai documenti d’identità falsi procurati dalla studentessa universitaria Anna Sala – “staffetta” partigiana del movimento “Giustizia e Libertà” – conosciuta qualche anno prima, durante il suo soggiorno a Venezia durante i suoi studi universitari presso Ca’ Foscari, ricevuti dal Capo dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Varese Calogero Marrone poi arrestato dai tedeschi il 7 gennaio 1944 e morto di stenti a Dachau il 15 febbraio 1945.Proprio per questi gesti di esemplare umanità, Anna Sala e Calogero Marrone, rispettivamente nel 2000 e nel nel …
A distanza di 74 anni sono tornati nel luogo della loro salvezza per ricevere la cittadinanza onoraria quei due fratellini ebrei, Lea e Daniele Nissim, rispettivamente di 4 anni e di un mese, che all’epoca insieme al padre appena trentacinquenne, il Rabbino capo della comunità ebraica di Padova Paolo Nissim, la madre Ada Levi, nonna Gemma Levi e zia quindicenne Anna, ferocemente braccati dai nazifascisti solo perché erano ebrei.
Daniele e Lea erano originari di Padova e, tra il 1943 e il 1945, riuscirono a sfuggire alla cattura ed ai campi di concentramento, trovando rifugio nell’abitazione di una famiglia di Cunardo, un piccolo paese del varesotto adagiato tra le valli prealpine, grazie ai documenti d’identità falsi procurati dalla studentessa universitaria Anna Sala – “staffetta” partigiana del movimento “Giustizia e Libertà” – conosciuta qualche anno prima, durante il suo soggiorno a Venezia durante i suoi studi universitari presso Ca’ Foscari, ricevuti dal Capo dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Varese Calogero Marrone poi arrestato dai tedeschi il 7 gennaio 1944 e morto di stenti a Dachau il 15 febbraio 1945.
Proprio per questi gesti di esemplare umanità, Anna Sala e CalogeroMarrone, rispettivamente nel 2000 e nel nel dicembre 2012, sono stati insigniti dell’alta onorificenza di “Giusto fra le Nazioni”, il massimo riconoscimento civile che lo Stato di Israele conferisce a chi, a repentaglio della propria vita non ha esitato a salvare individui di un’altra religione, ingiustamente perseguitati solo perché erano ebrei. Grazie a questo provvidenziale stratagemma Paolo Nissim divenne Ugo Marinelli “sfollato” proveniente da Campobasso, Gemma Levi divenne Ida Rovelli vedova Torneamenti di Caserta, Ada e Anna Levi rispettivamente Ada e Anna Torneamenti, mentre Lea e Daniele Nissim assunsero la nuova identità di Lea e Daniele Marinelli. Tutte località sicure perché essendo occupate dagli Alleati i nazifascisti non avrebbero potuto effettuare dei controlli.
Appena giunti a Varese in treno la famiglia di Lea e Daniele Nissim si sistemò soltanto temporaneamente presso l’Albergo Magenta. Poi, il giorno successivo, furono costretti a trovarsi un altro alloggio in seguito all’improvvisa perquisizione compiuta dalle SS che, tuttavia, non riuscirono a scoprirli nella camera dell’ultimo piano che era stata loro assegnata.
Visto che non erano più nelle condizioni di raggiungere la Svizzera in seguito all’arresto al Gaggiolo della guida che avrebbe dovuto accompagnarli, a quel punto Paolo Nissim decise di rivolgersi all’ingegner Giacinto De Grandi il quale, considerato il pericolo che incombeva su di loro, non esitò a mettere a loro disposizione un appartamento che possedeva a Cunardo, per la precisione all’angolo tra via Roma e via Ariosto al civico 26, dove giunsero poco dopo a bordo di un taxi.
Inoltre, proprio grazie al loro status di “sfollati” riuscirono ad ottenere perfino delle tessere annonarie e postali procurate loro dal futuro Capo di Stato Maggiore del CVL Luciano Comolli, il quale poteva contare sulla complicità del padre, che lavorava presso l’Agenzia delle Poste di Sant’Ambrogio Olona, neanche a farlo apposta proprio dove abitava la giovane Anna Sala.
La nuova sistemazione si rivelò davvero provvidenziale perché in questa nuova veste Anna Levi, senza mai destare alcun sospetto. Per un certo periodo, riuscì perfino a svolgere il lavoro di infermiera presso lo Studio medico dentistico del dottore varesino Giancarlo Bonazzola.
Ma ecco come ricorda quei tragici momenti Ada Levi Nissim, che, in una testimonianza rilasciata nel gennaio del 2011, descrive con dovizia di particolari come andarono effettivamente le fasi salienti di quella autentica operazione di salvataggio:
Tutti i diritti riservati. Tutti i contenuti pubblicati in questo articolo sono protetti da copyright e non possono, né in tutto né in parte, in qualsiasi forma o tramite qualsiasi mezzo, essere utilizzati, modificati, copiati, pubblicati o riprodotti senza il consenso scritto dell’Autore e la citazione della fonte.