Da Marsiglia a Roma: le operazioni di salvataggio della rete di assistenza clandestina allestita da padre Marie-Benoît passato alla storia come “il Padre degli ebrei”.
Da Marsiglia a Roma: le operazioni di salvataggio della rete di assistenza clandestina allestita da padre Marie-Benoît passato alla storia come “il Padre degli ebrei”.
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Il 29 dicembre 1943, dopo l’irruzione della banda Koch all’interno di varie istituzioni ecclesiastiche che godevano del diritto di extraterritorialità, una nota della Segreteria di Stato della S. Sede stilata da mons. Dell’Acqua segnalava, con una certa preoccupazione,
Era, evidentemente, un chiaro riferimento all’opera che stava svolgendo proprio in quel periodo l’audace frate cappuccino francese P. Marie-Benoît che, appena rientrato a Roma da Marsiglia dove con l’ausilio delle Suore di Notre-Dame de Sion e di Angelo Donati, un ebreo di origini italiane, che all’epoca era direttore della Banca di Credito italo-francese di Nizza, aveva allestito un’efficiente rete d’assistenza clandestina per agevolare la fuga degli ebrei verso la Spagna e la Svizzera.
Tutto sembrava filare per il verso giusto se non che, nel novembre 1942, con l’occupazione tedesca di Marsiglia e del sud della Francia, la possibilità di poter usufruire del percorso che conduceva verso la Spagna naufragò improvvisamente, ragion per cui si rese necessario trovare altre vie di fuga.
Così, per portare a termine l’audace piano elaborato con Donati e le autorità ebraiche del Concistoro Centrale di Francia, che prevedeva il trasferimento, attraverso la fascia costiera italiana, di circa 30.000 rifugiati ebrei polacchi e cecoslovacchi dalla Francia verso l’Africa Settentrionale, ai principi di giugno del ’43, si recò a Roma dove, il 16 luglio successivo, grazie ai buoni uffici del suo superiore, p. Donato Wynant da Welle, riuscì a sottoporre questa delicata questione nel corso di un’udienza privata con Pio XII il quale, appena venne a conoscenza di ciò che stava accadendo rimase inorridito e gli promise che se ne sarebbe occupato personalmente, incaricando il segretario di Stato e il nunzio a Madrid Cicognani di «volersi adoperare in favore degli ebrei spagnuoli residenti in Francia». Nella “città eterna” padre Marie-Benoît, quando la Delasem all’indomani del rastrellamento del ghetto ebraico fu costretta ad entrare in clandestinità, prese in mano le redini della situazione e, avvalendosi delle relazioni privilegiate con i membri di tutti i partiti politici italiani e con i diplomatici dell’ambasciata belga, polacca, svedese e portoghese, riuscì a procurarsi diversi documenti d’identità, false carte annonarie e salvacondotti per consentire ai fuggiaschi di recarsi verso la Spagna e la Svizzera.
Inoltre, con l’aiuto di frati, suore e laici riuscì a nascondere una parte dei profughi ebrei affluiti a Roma da viarie parti d’Europa nel suo convento, che rappresentò un vero e proprio centro di smistamento, indirizzando gli altri nei vari monasteri sparsi in tutta la città.
Per procurarsi questi documenti falsi l’audace frate francescano si avvalse dell’aiuto anche di alcuni ebrei che collaboravano con la Delasem come Lea Bassan che, in segno di riconoscenza per aver ricevuto anche lei una di queste carte d’identità intestata ad una certa Leda Baretti profuga barese, volle ricambiare il favore. L’occasione si presentò un giorno quando si offrì di recapitare le carte bianche da falsificare presso il convento delle Suore Compassioniste di via Torlonia. Così, per due o tre volte, la giovane ebrea, a bordo di un tram, senza dare troppo nell’occhio, fece la spola tra le due case religiose per consegnare queste carte alla Madre Vicaria, Sr. Maria Goglia, che si occupava di stamparle con nomi fittizi, dopodiché ritornava a riprenderli per riportarli al convento dei francescani di via Sicilia dove si trovava la base operativa di questa rete di assistenza clandestina.
In un suo memoriale Lea Bassan così descriveva, con dovizia di particolari, l’attività svolta in quel periodo nel più stretto riserbo:
Il pericolo, tuttavia, era sempre in agguato. Difatti, come scrive lo stesso frate cappuccino nelle sue memorie, il 19 novembre 1943, dopo essere riuscito a sfuggire ad una denuncia, grazie al dott. Carlo Carapelle del Commissariato per le Migrazioni e la Colonizzazione, il quale assicurò di soprassedere almeno finché perdurava la feroce persecuzione degli ebrei, in un’altra circostanza il fratello di De Gasperi lo avvertì che
Per sfuggire all’arresto e portare a termine il lavoro che stava svolgendo, padre Marie-Benoît fu costretto a nascondersi nel monastero delle Suore Clarisse Cappuccine che all’epoca sorgeva a poca distanza dal Collegio dei Cappuccini in via Piemonte 70. Dopo l’alta onorificenza di giusto tra le nazioni conferita nel 1966 da Yad Vashem all’audace frate francescano per il coraggio e l’abnegazione profusa durante la Shoah a repentaglio della propria vita, il 23 novembre scorso, la Curia Generalizia dei Frati Minori Cappuccini, è stata riconosciuta dalla Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg “Casa di vita” in segno di riconoscenza per aver salvato tanti perseguitati dalla furia nazista.
© Giovanni Preziosi, 2023
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