La mattina del 25 aprile 1945, la fanciulla fu prelevata da tre partigiani in viale Dante Alighieri e condotta nei locali della Scuola Media Guidobono a Legino, un quartiere situato nella periferia ovest di Savona, dove era stato allestito un centro di detenzione per esponenti compromessi con il regime fascista. Dopo alcuni giorni, per la precisione alle 4 del mattino del 30 aprile successivo, Giuseppina Ghersi, fu giustiziata con un colpo di pistola alla nuca.
diRedazione- Segretaria di Redazione
104 Visualizzazioni
Share
25 Min Letti
Alcune settimane fa ha suscitato enorme scalpore il vespaio di polemiche sollevato in seguito all’iniziativa patrocinata dal consigliere comunale di centrodestra, Enrico Pollero – con trascorsi di ex segretario cittadino del partito di Francesco Storace “La Destra”, eletto consigliere in una lista civica e poi, nel luglio del 2016, approdato nelle fila di “Forza Nuova” – di ricordare la giovane Giuseppina Ghersi(1931 – 30 aprile 1945), una ragazzina di appena 13 anni uccisa dai partigiani, con una targa commemorativa nella piazza dedicata ai fratelli Rosselli.
Anche se, nella sostanza, si può legittimamente comprendere la reazione ad un’evidente provocazione politica, non si può tuttavia in alcun modo condividere nella forma la presa di posizione dell’ANPI di Savona espressa nella dichiarazione rilasciata dal suo presidente Samuele Rago in merito a questa querelle sorta a Noli, piccolo comune del savonese.
Poco dopo, però, per non alimentare ulteriori polemiche e strumentalizzazioni, il Comitato provinciale di Savona dell’ANPI in un comunicato ad hoc diffuso il 15 settembre, ha precisato quanto segue:
Giuseppina era nata il 12 luglio del 1931 a Savona da Giovanni Ghersi e Laura Mongolli, due commercianti ortofrutticoli, che abitavano in via Tallone e, all’epoca dei fatti qui narrati, frequentava l’istituto magistrale Maria Giuseppa Rossello che sorgeva nel quartiere “La Villetta”.
Il 26 aprile 1945, alle prime luci dell’alba, mentre i coniugi Ghersi come ogni mattina si recavano al loro banco di frutta e verdura, nella zona di San Michele, poco dopo le 6.00, furono fermati da due partigiani armati di mitra che, senza battere ciglio, li condussero presso il centro di detenzione dei fascisti allestito nell’attuale Scuola Media Guidobono di Legino, dove furono prelevate le chiavi del loro appartamento e del negozio. La figlia riuscì a sfuggire momentaneamente all’arresto solo perché si trovava in casa di alcuni amici in via Paolo Boselli 6/8.
Ma ecco, brevemente, come si svolsero i fatti di cui qui abbiamo accennato, descritti con dovizia di particolari nell’esposto presentato dalla madre della fanciulla il 27 gennaio 1949, nella questura di Savona, dinnanzi al funzionario di P.S. dr. Pietro Fabiani, In merito all’uccisione della figlia Giuseppina.
La mattina del 25 aprile 1945, la fanciulla fu prelevata da tre partigiani in viale Dante Alighieri e condotta nei locali della Scuola Media Guidobono a Legino, un quartiere situato nella periferia ovest di Savona, dove era stato allestito un centro di detenzione per esponenti compromessi con il regime fascista. Dopo alcuni giorni, per la precisione alle 4 del mattino del 30 aprile successivo, Giuseppina Ghersi, fu giustiziata con un colpo di pistola alla nuca insieme ad una tale Teresa Delfino, anch’essa prelevata dalla sua abitazione di Vico Crema 1/1. I loro corpi ormai esanimi furono poi deposti nei pressi del cimitero di Zinola insieme ad altre vittime che avevano condiviso lo stesso loro triste destino.
In seguito, per la precisione il 29 aprile 1949 il padre di Giuseppina, Giovanni Ghersi, presentò un altro esposto al Procuratore della Repubblica di Savona nel quale dichiarava quanto segue:
Come si può notare abbastanza chiaramente sia nell’esposto della madre della giovane vittima che in quello del padre non si fa alcun riferimento ad uno stupro subito dalla figlia, ma si parla soltanto di un pestaggio. Nella deposizione che i coniugi Ghersi rilasciarono il 15 marzo 1950 gli ufficiali di Pubblica Sicurezza presso la Questura di Savona, fornirono finanche le generalità di quattro individui che a loro avviso sarebbero stati i responsabili della morte della figlia. I loro nomi erano i seguenti:
Giulio De Benedetti (loro vicino di casa in via Tallone n. 4/6);
Francesco Guerci (che avrebbe tratto in arresto la figlia in seguito all’ordine spiccato dal comandante del campo di concentramento di Legino);
Giuseppe Gatti (il quale, stando a quanto da loro riferito, sarebbe stato l’autore materiale dell’uccisione di Giuseppina Ghersi);
Francesco Peragallo (che appose i sigilli ad alcune camere della loro abitazione).
Difatti, come si legge in una nota stilata il 26 marzo 1945, dal Corpo Volontari della Libertà, Giuseppina Ghersi figurava già in un elenco di spie o sospette tali «della Questura di Savona (che) mangia all’albergo Piemonte».
L’ormai ottuagenario ex partigiano Aldo Ferrari, nome di battaglia Riri, che all’epoca era vicino di casa della Ghersi, in una testimonianza rilasciata al quotidiano genovese Secolo XIX il 16 settembre 2017, racconta che da
Certo la guerra impone inevitabilmente delle scelte forti, anche molto dolorose e crudeli, ma qui stiamo parlando di una bambina di 13 anni che non credo potesse avere già ben chiara l’idea di cosa fosse davvero l’ideologia fascista, assorbita magari, più o meno inconsapevolmente dall’ambiente familiare. Ma anche in questo caso la colpa dei padri non deve ricadere sui figli! La Guerra di Liberazione dall’orribile dittatura nazifascista, purtroppo, conobbe anche degli eccessi come questo; negarli, o più semplicemente stigmatizzarli ricorrendo ad improbabili sofismi dialettici per relegarli alla damnatio memoriae, beh credo che proprio che non faccia onore a nessuno, tantomeno a tutti coloro i quali credendo fermamente nei loro alti ideali di Libertà e Giustizia, hanno combattuto il regime mussoliniano a repentaglio della loro vita per consentire ai propri figli di poter vivere liberamente in un Paese democratico, finalmente affrancato dalla dittatura…
Ad ogni modo sarebbe auspicabile che questi temi, proprio per la loro intrinseca delicatezza e complessità, siano affidati all’indagine storiografica e non strumentalizzati, come ahimè spesso accade, per bieco calcolo politico e stucchevole nonché squallida provocazione…
Tutti i diritti riservati. La riproduzione degli articoli pubblicati in questo Blog richiede il permesso espresso dell’Autore e la citazione della fonte.